Sunday, December 30, 2012

Moshi moshi

Dovevo solo attendere la primavera, e sui miei occhi si sarebbe impresso il riflesso di qualcosa di nuovo. La campagna francese e i suoi paesaggi splendidi, cibi deliziosi e le decisioni sul volto di Michiyo. E magari anche mille nuove espressioni di Yamazaki... Avremmo provato risentimento l'uno per l'altra, avremmo litigato, ci saremmo trattati con freddezza, certo, sarebbe stato possibile anche quello. Ma non avevo più paura. Forse non ci saremmo più incontrati.... Ci avrei pensato in futuro, al ritorno dalla Francia. Fino ad allora non avremmo potuto sapere come sarebbe andata a finire, e sarei stata io, a partire da quel momento, a costruire la mia vita giorno dopo giorno.
Non dipendeva semplicemente dal fatto che fossi stata a letto con un uomo che m piaceva, e che avevo scelto io stessa. Nè che mi sentissi più leggera dopo il rituale per mio padre.
Se qualcuno mi avesse domandato che cosa avevo fatto in tutto quel tempo, non avrei saputo cosa rispondere. Mi sembrava solo di aver sognato. Qualcosa mi aveva trascinato, forse la semplice idea di non poter stare senza far niente. Affannosamente, priva di una meta, ma ero riuscita a fare qualcosa. Mi ero accorta che la vita continuava, e nel frattempo mi ero fermata in un posto dove riprendere fiato senza caricarmi di pesi ulteriori. Ero felice che quel posto fosse proprio Shimokitazawa.
Adesso ero in una strada, di notte, apparentemente triste e al freddo, ma ero lì, e in realtà non ero affatto triste.
[....]
Anche il quartiere in cui sono nata era uguale, ma l'avevo capito solo a Shimokitazawa, un luogo attraversato dal vento, sempre al centro dei pensieri dei suoi abitanti, un luogo amato.
Ai piedi portavo delle belle scarpe da donna adulta, ma quando iniziai a camminare mi sentii leggera come se calzassi le scarpe da ginnastica che avevo comprato da bambina insieme a mio padre.
Oltre le strisce pedonali c'era mia madre. Alzai gli occhi verso la finestra illuminata della stanza in cui si trovava. Si vedeva la luce intermittente di quel suo grosso televisore. Non avevo più un padre, ma avevo ancora una madre. Oggi l'avrei incontrata di sicuro. Ci restava ancora tanto tempo da trascorrere insieme.
Sto per rientrare mamma. Mamma, tu sei viva. Adesso entrerò e ti saluterò.
Nello stesso istante presi qualcosa tra le braccia, qualcosa che potrei definire soltanto "una felicità enorme", fatta di stelle luccicanti che cadono nel cuore.
Non era cambiato niente, la nebbia non si era ancora diradata, eppure il mio cuore era pieno di qualcosa che somigliava proprio a una risposta.

Da "Moshi Moshi" di Banana Yoshimoto

Thursday, December 27, 2012

Finchè si è vivi... bisogna rimanere uniti

Prima dell'incidente mi allenavo per un'ipotetica maratona, di Roma se pronta fisicamente a marzo, Londra o New York. Non si sa perchè semplicemente non pensassi alla 12 km di Castelnovo di Sotto, la 21 km di Luzzara. Obiettivi grandi, son convinta, per culo grande (e pesante).
Dopo l'incidente e finchè avrò l'onore di continuare a mantenere la mia sagoma sul divano, le mie sono maratone notturne di film. 
L'accostamento non è mai casuale, dei film che vedo in una sola notte intendo. Non che io li scelga, a volte mi scelgono ed è spiazzante quanto siano collegati tra loro o, meglio, quanto mi generino gli stesi pensieri.
Stanotte un accostamento bizzarro. Mentre mi scaldavo i cappelletti in brodo del pranzo di Natale, verso mezzanotte mi ha scelto "Buon Natale, Buon Anno" di Luigi Comencini. Una storia dolcissima, gustosa. Una coppia di anziani è costretta a vivere separati dopo 40 anni di matrimonio, uno a casa di una figlia, l'altro a casa dell'altra, perchè non più in grado di pagare un affitto. L'anziano marito si scoprirà gelosissimo della moglie ed inizierà un nuovo dolce corteggiamento fatto di incontri furtivi in qualche bar, lettere, telefonate. Piango dentro al brodo mentre ingurgito gli ultimi cappelletti superstiti mentre guardo la scena in cui la moglie, Virna Lisi, dice al marito "Gino, finchè si è vivi... bisogna rimanere uniti".
Non soddisfatta dei cappelletti ho finito un pò di cappone in brodo. Ma per la carne ho cambiato film, "Young Adult". Una Charlize Theron molto brava che non scende mai nel patetico, non facile per un film che parla, con discreto cinismo, della nostra generazione di adulti adolescenti. 
Cappelletti al sapore autentico di un amore profondo e maturo, intriso di valori quali il senso di appartenenza ad un'altra persona ed il rispetto degli attimi trascorsi insieme.
Cappone al sapore amaro di chi non riesce ad evolvere verso un qualche valore che non sia una bevuta, un'aperitivo, amicizie sterili, il senso estetico dell'apparenza come equilibrio personale (purtroppo spesso emotivo).
Due film in una nottata che rispecchiano esattamente la mia vita: 
quella che vedo durante il giorno e quando scelgo di immergermi non troppo e rimanere in superficie per qualche serata, 
quella vita che vorrei costruire invece in profondità, con un Gino geloso al punto giusto e che mi baci il giorno di Natale davanti ai figli ormai grandi dicendo "ti amo come e più forte di sempre".

Tuesday, December 18, 2012

Sono un Pony e un eroe

Mia nonna materna mi diceva fin da piccola che l'invidia della gente porta male. Non mi ha mai suggestionato prima, fino a quando pian piano una "cosina" dietro l'altra mi ha cominciato a far pensare che le dicerie popolari non fossero solo dicerie.
Allora, 
chiunque mi stia invidiando o odiando.... La smetta, non ho nulla di così avvincente da volere o che voi non possiate avere. 
Ancora una volta mi vedo fare un ingresso trionfale al pronto soccorso, sconfortata più dal tempo che avrei perso tra una procedura e l'altra che per il dolore. Famosa per chiedere a chi è lì con me "come stai? sei stanco?" mentre sono io che non ce la faccio più dal dolore.
Sul luogo dell'incidente era arrivato Mr. Worm, avrà corso per il traffico del centro in pausa pranzo, spaventato e infreddolito.
Sei il mio eroe, ti ho sussurrato. L'eroe che vorrebbe starmi sempre accanto, anche quando mi portano in radiografia e non può entrare, quello che vuole guidare la mia sedia a rotelle tra i reparti ma non farmi fare i testa coda, quello che cancella qualsiasi cosa debba fare da quel momento in avanti per stare giorni di convalescenza insieme.
Non c'è bisogno che tu tremi al pensiero che mi sarebbe potuto succedere qualcosa di irreparabile, che tu inveisca contro chi guidava l'auto che mi è venuta addosso, che tu non vada al lavoro per fare il badante. Sono qui che faccio fatica a stare ferma, vorrei cucinare, fare dei giri in paese, andare a correre, fare il bucato. Ma ti prometto che farò solchi sul divano o nel letto per giorni, lasciami solo aspettarti la sera avendo cucinato qualcosa di buono.
Non noti anche tu che quando mi succede qualcosa hai una faccia cupa?... che spero non rispecchi la mia, altrimenti sarei veramente "bruttina"....

Monday, December 17, 2012

L'uomo nuovo post moderno

Ti ho osservato tutta sera, ieri. A cena con una coppia di amici, in un posticino niente male, la Taverna dei Pico, in un contesto un pò sofferto, Mirandola. Eppure ci osserviamo tutto il tempo, mentre siamo insieme, parliamo di tutto. Eppure troviamo sempre qualcosa da dirci, non tanto per dire, che coinvolge ogni volta. 
La tristezza che ci attanagliava in macchina mentre raggiungevamo il ristorante, attraversando i paesini colpiti dal terremoto di maggio. Credo sia il Natale in cui abbia visto meno luminarie per le strade, ti ho detto e tu, giustamente, mi hai fatto notare che non eravamo in una terra felice, ma in strade dense di case vuote, abbandonate.
Sono stata molto bene a cena, tu eri molto sciolto, l'ho notato da quante volte hai detto "cazzo" e "merda" mentre parlavi coi nostri amici, tu che sei sempre molto polite
Per essere sincera, amo uscire perchè mi piace vedere la tua faccia quando scendo le scale, dopo un'ora trascorsa sotto la doccia, mentre mi aspetti già pronto sul divano smanettando il mio mac. Il tacco e il trucco giusto ha sempre potere. Mi gusto già il dopo, quando rientriamo a casa....
Mi piace osservarti mentre parli con altri perchè nel frattempo realizzo ogni volta di quanto ti stimi come persona, per i tuoi valori, per i tuoi modi, per i gesti che fai per gli altri e per me.
Sei un uomo nuovo post moderno. 
Perchè ti alcalinizzi.
Perchè ti ricordi e valorizzi ogni cosa.
Sono convinta di quello che ti ho detto ieri sera al ritorno, che tu sei la persona migliore che abbia mai incontrato. L'unica che riesca a raccogliere tanti sapori, l'unica che sappia di lombrico al minestrone.

Monday, November 26, 2012

I liffoni come me

Non so se solo in Emilia gli amanti del cibo come me vengano chiamati "liffoni", quelli che amano cucinare per sè e per gli altri soprattutto per mangiare qualcosa di diverso e "giotto". 
Non so se solo in Emilia si definisca "giotto" tutto ciò che è un pò elaborato da fare e buonissimo di risultato. 
Beh, un pò del mio mondo ruota intorno al cibo. Cucinare, mangiare, leggere di ingredienti e sul come combinarli, condividere il cibo con gli altri.
Sono riuscita a scovare un libro fatto apposta per i liffoni. Ma liffoni ghiotti anche di cucina e cultura giapponese.
La cena degli addii di Ito Ogawa. Racconti di coppie sedute al tavolo di un ristorante, in cui l'autrice racconta attravero i piatti, cibi scelti, le loro storie.
Che cosa potremmo raccontare di noi attraverso una cena, nella pizzeria dove ci serve Paolo, nella campagna modenese? Che "per me una pizza integrale alla salsiccia e funghi" e "io prendo uno sgnocchino integrale crudo e rucola" "un'acqua naturale e una frizzante". Che il dolce lo prendo solo io, uno "scrigno segreto - crema alle mandorle e pezzetti di mela" e che lo mangio piano mentre in sottofondo mi ripeti "dopo stai male, ti lamenterai tutta sera". Ma tanto lo finisco lo stesso.

Eyes

Con gli stessi occhi nel corso degli anni guardo le cose in modo diverso. Stamattina ho fatto gli auguri al Mario, il padre mio tutto d'un pezzo. Mi ha risposto di primo mattino, ero appena arrivata in ufficio, ho aperto l'agenda, visto la scritta verde sottolineata "compleanno papà", l'ho chiamato subito. "Dove sei Ninì?" "Pa, sono in ufficio, dove vuoi che sia a quest'ora di lunedì mattina" "Beh, buongiorno allora." "Volevo farti gli auguri..." "Beh allora fammeli" "E te li volevo fare..." "Si ma fammeli non dirmi che me li vuoi fare..." "Tanti auguri Pa" "Grazie, passi stasera che festeggiamo?" "Non riesco...ho una cena" "Beh, fa lo stesso, intanto io stasera festeggio per tutti, quando passi rifesteggiamo insieme". Capisco da dove venga quella sottile voglia perenne di non arrendermi davanti a nulla e di vedere sempre il lato positivo delle cose, quella fame continua di fare, vedere, capire cose. I miei genitori sono così.
Con gli stessi occhi, ora, li vedo nelle loro vere personalità, pregi difetti, con una mancanza a volte che non avevo mai avuto, nemmeno quando ero dall'altra parte del mondo.... ora sono a 50 km di distanza. Ed ho voglia di correre da loro per poter solo mangiare una cosa insieme, camminare col cane in campagna con mio padre, per raccontarci un pò di cose.
Ripeto quei momenti che mi spensierano, come un buon concerto, non perchè stessi meglio prima, ma perchè fanno parte di me. Io sono anche quel furetto impazzito che mangia una piadina alla salsiccia prima di entrare in uno stadio, per poi fare la fila mezz'ora per andare in bagno perchè già affetta da un mal di stomaco indescrivibile. Sabato sera, del resto, ho rivissuto le stesse scene durante il concerto di Ennio Morricone a Bologna che vivevo anni e anni fa. Parcheggio, ricognizione di un piadinaro lurido e zozzone, la piadina più pesante, la fila in bagno, la sistemazione nel mio posticino numerato, i filmati durante le canzoni più belle.
La novità è che anche senza di te è come se ci fossimo andati insieme. E che con gli stessi occhi mi accorgo che la vita di ora mi sta insegnando a capire ed apprezzare anche la vita di prima.

Monday, November 5, 2012

La verità mi fa male, lo sai


Un tardo pomeriggio già buio, umido. Di una domenica come tante, quando avresti voglia SOLO di tepore, un buon libro e qualcosina di “liffo”.
Dopo aver divorato La Psichiatra di Dorn Wulf, uno dei pochi libri ad avermi fatto venire l’ansia di finirlo, provocando ritardi nel preparare la cena mentre qualcuno aspettava affamato, continue interruzioni alla lettura altrui con personali commenti, assenza momentanea durante il lungo week end, decido di andare al cinema.
Scelgo Viva L’Italia di Massimiliano Bruno. Perché nel cast c’è Raoul Bova (mio secondo futuro marito) e Michele Placido (per me uno dei migliori attori della commedia italiana).
Divertente ma molto amaro. Inutile dire che sono riuscita a piangere anche alla visione di una commedia mezza comica ma dalle fondamenta solide e tristemente reali.
La storia è quella della nostra Italia, raccontata attraverso le vicende di un politico che dopo un malore perde i freni inibitori e non riesce più a mentire.
La verità fa male, ripete una voce narrante che altro non è che l’attore di Martellone della serie Boris.
Avevo voglia di ridere, mi sono commossa comunque. E so anche il perché.

Tuesday, August 28, 2012

Due...


A volte mi chiedo quanto sia inutile rimanere seduti un giorno intero dietro ad un monitor e a un telefono quando fuori c’è il mondo e dentro ho la morte dei sensi.
Il mal di testa che mi assale verso quest’ora non è altro che il frutto di inutili stimoli continui. Non sono questi gli stimoli che vorrei, quelli del telefono che suona, delle mille domande, delle facce di c…. che ti fissano in continuazione, che spendono parole al vento e fin troppe per parlare di niente.
Poi mi assalgono i sensi di colpa di fronte a queste giovani menti, giovani corpi, in cerca di un’identificazione che non sanno che non troveranno nel mondo del lavoro.
Dopo 30 anni, penso che l’identità sia tutto tranne ciò che fai sul lavoro, soprattutto se questo non è frutto di una tua passione.

Un viaggio


Al ritorno da un lungo viaggio, le domande di rito sono “che cosa hai visto”, “come è stato”, “ti sei divertita”.
Al ritorno da questo ultimo viaggio, Sicilia, ho molte risposte.
Ho visitato Ragusa, il NaturaSi di Ragusa, per comprare alcune cose per cena: seitan, tofu, qualche verdura biologica. Ho trascorso più tempo all’interno del supermercato della natura che tra chiese barocche di Ragusa Ibla.
Sull’Isola di Capo Passero c’è una fortezza che gli abitanti del luogo dicono sia stupenda, meritevole di una visita. Dopo essere saliti sulla barca con la curiosità della scoperta, dopo centinaia di metri tra cactus ed erbe urticanti, a gambe nude e ormai scorticate, ti appare la visione sì di una fortezza ma chiusa ed ormai decadente.
Ho imparato che nel week end bisogna fermarsi all’Agip a fare benzina, costa meno e fare un po’ di fila sotto il sole a 40 gradi ci rende più “meridionali”.
Sono diventata un’assidua frequentatrice del centro commerciale La Fortezza a Modica, ho comprato un nuovo costume nero perché ne avevo messi in valigia solo 3 e mi stavo annoiando. Ho conosciuto una “signora pesa-verdure” nel reparto “freschi” del supermercato. Per tutto il mese di agosto ha pesato con cortesia tutte le mie verdure e frutta.
Ho imparato che per segnalare l’ingresso di una carraia in campagna posso sempre utilizzare un vecchio frigorifero da portare in discarica. Segnale ben evidente.
Ho imparato il dialetto mantovano, non riesco a non ridere al suo ascolto.
Ho constatato che nuotare favorisce il meteorismo e che i punkettari gay pullulano sulle spiaggie bianche del sud-est.
La gastronomia Pane Condito è sempre aperta e verso sera ci sono gli arancini appena fritti.
I negozi dei cinesi esistono anche a Ispica e sono sempre aperti, anche la domenica a pranzo.
Mi ricorderò di quei vermi duri e neri sui muri della camera in cui dormivo, del loro rumore sul pavimento in legno di notte per la loro caduta dal muro.
Abbiamo donato 200,00€ alla città di Avola il giorno dell’arrivo: ci hanno rubato il portafoglio al bar mentre ingurgitavo un arancino.
E mi sono accorta che sentirsi libere accanto a qualcuno non ha prezzo.
E’ stato un gran bel viaggio.

Thursday, August 23, 2012

Un bel giorno per rimanere da sola

Nella mia borsa di ogni giorno, che in realtà è un pò una valigia morbida sotto mentite spoglie, ho sempre un libro.
Nella mia vera valigia per un lungo viaggio, porto una piccola libreria. 
E' più forte di me: un minuto libero, un'attesa, un'attimo tutto per me, una piccola frazione del giorno in cui ho bisogno di rilassarmi e non pensare a me, ma a una storia. Ho l'idea malsana che potrei partorire leggendo... 
I miei libri sono rovinati, parlano tutti di dove sono stati portati e dove sono stati letti.
I saggi sono pieni sottolineature, appunti e orecchie nelle pagine da rileggere quando ne ri-sentirò il bisogno, la voglia.
I libri letti in spiaggia sono pieni di sabbia nella rilegatura e le pagine diventano ondose per le gocce d'acqua che mi scivolano dopo un bagno.
I libri letti in aereo o in treno contengono immancabilmente il biglietto del viaggio usato come segnalibro.
I libri che mi sono stati regalati vorrei che avessero sempre una dedica, purtroppo non tutti ce l'hanno. Scrivo chi li ha scelti per me. 
Ho sempre ritenuto importante regalare un libro, perchè infondo è un messaggio. Forse è per questo che a Natale sono monotematica, pacchetti regalo tutti rettangolari e semi-rigidi. Ho troppi messaggi da lanciare. 
Credo molto nelle coincidenze, soprattutto in libreria dove mi rifugio appena posso, meglio se col buio... Non sono vere e proprie casualità ma azioni da intraprendere. 
Poco prima di partire, durante un'incursione notturna in libreria, un piccolo romanzo mi ha cercato. Una lettura d'un fiato. Un viaggio in aereo.  La storia di una giovane ragazza che non capisce come diventare donna, una donna SERENA.
Una breve storia alla "giovane Holden" in cui mi sono riconosciuta nella vergogna, nell'apatia e insicurezza della mia adolescenza.
"Il treno fila via, rapido, trasportandomi verso la stazione dove qualcuno mi sta aspettando".

Tuesday, August 14, 2012

La tv

Non guardo mai la tv. 
Non perchè sia spesso fuori casa, non perchè non tollero la confusione mentre mangio o durante le opere di manutenzione domestica, non perchè parliamo sempre troppo poco, spesso al telefono, e una volta nelle vicinanze "in carne" ne approfittiamo, non perchè non ci sia nulla che mi entusiasmi. 
Leggo ovunque e guardo film. Ecco, come elettrodomestico la tv mi serve per guardare film. Cosa succede nel mondo lo saprò il mattino in edicola o appena acceso l'iphone.
Nell'unico giorno in cui decido di fare "qualcosa" di diverso accendo la tv all'ora di pranzo per subire un'esperienza nuova. Mtv mi regala "Teenager - used to be fat". Stavo mangiando verdure alla griglia e carne di cavallo per fortuna per pranzo, ma avevo una mezza voglia del dolce "a modo mio" per concludere il pasto. La voglia mi passa. Mi mangio una pesca. Subisco per 30 minuti la storia di una ragazza diciottenne americana di 135 kg che in 6 mesi perderà 45 kg allenandosi 5 ore al giorno e mangiando come "un cristiano" e non come "un'assassina". Mi sento un pò assassina anch'io, ripensando a stanotte, quando mi sono alzata all'una perchè avevo voglia di prosciutto crudo, di quello però bello stagionato e tagliato sottile.
E mentre ci davo dentro col Prosciutto di Parma su La7 trasmettevano "Undercover Boss", un pezzo grosso della 7 Eleven, Joe De Pinto, che si camuffa da inserviente nei convenience stores negli USA per osservare da vicino le problematiche dei punti vendita e delle persone che ci lavorano. E' la mia trasmissione, mi piace, faccio fuori un etto di prosciutto gasata dall'iniziativa di questo personaggio.
In poche ore anche la tv MI HA TRASMESSO qualcosa: 
dovrei ascoltare molto di più le persone con cui lavoro, la partecipazione ed empatia sono sempre stati valori delle aziende americane ma funzionano;
se ingrasso di 45 kg ci vorranno 6 mesi e 5 ore di allenamento ogni giorno per perderli. E quindi oggi non ho fame e non avrò voglie. 

Sunday, August 12, 2012

Un gran respiro...













Scialla!

Dopo aver cercato di convincere quasi tutti i parenti ed amici a guardare questo film durante qualche serata un pò annoiata negli ultimi mesi.... non riuscendoci, l'ho fatto da sola.
Mi spaventa un pò il fatto di essere l'unica ad apprezzare ancora, quasi esclusivamente, la commedia italiana. Forse perchè è l'unica che mi fa piangere, cosa di cui ho necessitò ogni tanto.
Avevo ragione, questo è un bel film e non solo per il sottile amore platonico che mi unisce a Fabrizio Bentivoglio. 
Non un vero e proprio "film di formazione"ma quasi un documentario su come possano nascere e consolidarsi le unioni, il conoscersi e il condividere la quotidianità.
Il tutto vissuto dentro Roma, che rimane la città più bella del mondo.

Friday, August 10, 2012

Ancora meglio..















Now

Che tutto di noi sia frutto di ciò che abbiamo vissuto fino a quel momento è filosofia spicciola. Quanto non riesca ad influenzarci il passato nel presente è una grande capacità di vita, molto spesso.
Questo presente di cui tanto si parla, soprattutto nei consigli dati dagli altri. 
Mi soffermo solo da un pò, forse da troppo poco tempo, ad osservarmi, a leggermi in quel preciso momento, se mi piace ciò che sto facendo, vedendo, se respiro bene (visto che in passato andavo spesso in apnea durante il giorno per rubare meno aria possibile al mondo), se sono tranquilla e se no che cosa potrei fare per esserlo.
E' stato un traguardo raggiunto dopo tempo e fatica. Un traguardo non sempre raggiungibile pensavo, anzi, nemmeno immaginavo della sua esistenza anni fa.
Questa non è una ricetta di vita per vivere "alla giornata", ma credo una via più facile per giungere a quel futuro scelto, non subito. E quel passato così pesante, torna qualche volta, qualche giorno, per essere riletto con gli occhi più lucidi del presente.

Tuesday, July 31, 2012

La cena

Finchè sai di avere origini sicule e le mostri in un dialetto siciliano abbozzato in famiglia e nel saper cucinare qualche "pesante" specialità dell'isola, sei un'ipotetica terrona trapiantata nel Nord che lavora.
Quando sei in Sicilia, ti emozioni per ogni cosa che vedi e soprattutto che mangi, comprendi i discorsi pomeridiani fra anziani seduti nell'uscio delle proprie case a raccontarsi "qualcosa" ancora una volta (in dialetto strettissimo e gestualità tipica), sei geneticamente terrona.
E la mia persona, trentenne geneticamente sicula, festeggia il 30 nella sua calda e barocca culla.
Splendida Modica di sera, fin dalla luce calda del tardo pomeriggio. 
Festeggio su una terrazza che mi fa assistere ad un "Presepe" naturale per tutta la cena. 
E penso che sono "pronta"...

Torre D'Oriente - Modica

Thursday, July 19, 2012

Dot patterns

Well-known for her repeating dot patterns, Yayoi Kusama è entrata nel mio sapere per caso. Artista poliedrica, mi innamorai quasi un anno fa dei suoi pois, per caso, sfogliando il programma delle mostre personali alla Tate di Londra.
E vidi la sua mostra pochi mesi fa a Londra, in una giornata di pioggia (stranamente) in cui divenni un tutt'uno con l'ombrello (a pois) e le scarpe inzuppate d'acqua.
Gli ingredienti per farmi perdere la cognizione del tempo c'erano tutti: i colori fluo, rosso, fucsia, arancio, i pois ovunque, japan allure, quella capacità che ogni artista giapponese ha nell'attrarmi a sè molto più velocemente. Una delle mostre più belle viste negli ultimi anni, che porto alla memoria molto spesso.


Ricordo anche di essermi rifugiata in un ristorante biologico molto carino nella City, Natural Kitchen, dopo la mostra e la paella che presi (a Londra, non a Madrid, sono sempre de-contestualizzata) diviene tutt'oggi un ricordo unico: Yayio Kusama e paella a Londra nel mio inconscio.
Apro il giornale stamane e di tutte le notizie che mi potevano colpire strabuzzo gli occhi per Louis Vuitton e Yayio Kusama, la collezione in vendita da oggi nelle boutique. Mi sento un esserino molto superficiale ed esteta a pensare e fare tutto questo, ma oggi non riesco ad essere una bella persona, concreta ed umile. L'iphone mi ha aperto le porte del cielo mostrandomi le cosine che avrei voluto avere, ho scaricato l'app di Yayio Kusama per trasformare le mie foto a pois (una cosa veramente molto utile nella vita di tutti i giorni) e mi sono incazzata quando lo scialle che volevo comprare on line era disponibile sono in negozio. Di tutta quest'ora vissuta dopo il mio risveglio alla vista del giornale vorrei ricordarmi che sono solo pois e che oggi ho fatto cose di cui potrei pentirmi, perchè sono esattamente quelle puttanate che non sopporto di vedere fare dal resto del mondo. 

Friday, July 13, 2012

Bambina


L'entusiasmo estivo che mi contagia ogni anno dal mese di maggio ha dato i suoi frutti durante questi ultimi week end. E non accenna ad arrestarsi.
Il primo week end di luglio ha visto il mio corpicino reduce da una cura d'attacco di Somatoline a Forte dei Marmi.
Colazione al bar Il Giardino, dopo aver piantanto le tende nel bagno che il destino ha voluto vivessi quel giorno. Brioches integrale al miele e cappuccino. Dopo 8 mesi ritorno alla vita: una colazione al bar come Dio comanda e come la Ferla ama.
Una giornata di mare che non è stata come tutte le altre, perchè la bambina che è in me giocava nell'acqua con la stessa spensieratezza dei miei 7 anni, al mare con Mario padre.
Il secondo week end di luglio ha visto il mio corpicino reduce da una settimana d'inferno al lavoro e qualche ora di fortuito jogging a Portovenere.
La mia amica e collega Alexia mi aspettava già alle 9 all'imbarcadero per salpare dirette all'isola di Palmaria.
Un bagnetto ristoratore in un mare calmo che mi aspettava da tempo, un'ottima focaccia ligure che trasudava olio, una buona lettura sul lettino, un piccolo sonno ed un aperitivo verso sera prima di tornare a casa. 
Il giorno dopo mi vedeva rampante in montagna, nell'Appennino Reggiano, la Pietra di Bismantova.
Una passeggiata non troppo impegnativa, una bellissima giornata di sole, ottima compagnia e ancora una volta un pò di spensieratezza, la bambina che Mario portava in montagna dai 7 anni.
Questo week end vedrà il mio corpicino in casa, rilassato, che si trascina dal letto al divano alla sdraio in terrazzo. Lo farò sempre con un certo entusiasmo però....

Thursday, July 5, 2012

La Marisa

Dopo una nottata troppo breve, poche ore di sonno mi rimbambiscono tutto il giorno successivo, ma senza zanzare, stamattina decido di prendermi qualche ora di libertà in paese prima di andare in ufficio.
Vivere il paesello emiliano di prima mattina, durante la settimana, ha un gusto così denso che prima non conoscevo.
Devo pagare l'assicurazione dell'auto in scadenza ma la storica impiegata non apre l'ufficio prima delle 9.30. Arrivo lì davanti alle 9, non so ancora nulla dei meccanismi dei negozi ed uffici. Mandavo sempre mio padre, in pensione, a svolgere le cosiddette commissioni, non sapendo quanto fosse umano e divertente farlo.
In 30 minuti di attesa soddisfo tutte le mie voglie di emozioni.
Entro nel negozio di scarpe più fornito e trendy nel raggio di 20 km dal paesello e chiedo un paio di zeppe nere. Quest'anno ho la fissa delle zeppe, sughero e legno. Consciamente sono convinta mi facciano delle gambe da gazzella, aiutano la mia autostima. E' presto, stanno ancora facendo le pulizie, ma una commessa che mi sembra russa, con un italiano poco coniugato, mi serve. Mi fa vedere scarpe orrende, poi arrivano loro, le nuove zeppe della UGG, peccato che lei me le presenti... "ci sono queste, ma sono le più care, sono della U GI GI, conoscere?". Eh si cara, conoscere ed infatti comprato, peccato che si chiamino AGG e dire ad un cliente essere modello più caro non aiutare vendita, sapere?
Passare la carta di credito nel pos di un qualche negozio per un acquisto inutile (quasi sempre) non è mai salutare, ma stamane uno stimolo improvviso mi colpisce alla cassa. Il caghetto.
Immediatamente mi appare la mappa del paese con le possibili "uscite": casa di mia nonna, in centro, a soli 300 metri.
Casa di nonna Onofria, suono, mi apre. Contenta della sorpresa mi vuole baciare, baciamoci. Una sua vicina di casa, La Marisa, le sta facendo compagnia e la sta aiutando mettendole le gocce negli occhi. La Marisa è talmente contenta di vedermi e conoscermi che mi trattiene con chiacchiere e non solo. Mi trattiene il braccio per farmi sedere e fare due chiacchiere. "Tu sei la nipote che lavora tanto e viaggia per tutto il mondo. Ma che brava, sei proprio identica a tua madre in viso". Sudo freddo, il caghetto chiama ma La Marisa vuole parlare. Scusatemi, devo andare un secondo in bagno.
Ora... tutto è in discesa. Le parole della Marisa mi interessano, mi accarezzano. Mia nonna le dice che il 30 luglio compio 30 anni e non li dimostro affatto. Io faccio la mia solita battuta, non li dimostro fuori... ma di cose ne ho fatte un bel pò. La Marisa confessa di aver compiuto 80 anni ieri e che di cose dai 30 agli 80 ne vedrò parecchie, "mamma mia quanta vita, quante cose nuove". Mi viene voglia di viverle tutte, 50 anni di cose fatte a modo mio potrebbero essere divertenti.
9.30. "Ragazze, alla prossima".
Pago l'assicurazione, stavolta nessuno stimolo improvviso, l'impiegata storica mi chiede se "lavoro ancora molto e giro tutto il mondo".
Penso che ci sia qualcuno in paese che parli di me e con le stesse parole. Potrebbe essere la nonna.

Friday, June 29, 2012

Certe volte: BOH


Nei momenti di confusione, in cui ti senti smarrita, percepisci che qualcosa non va perché la malinconia e quella sottile ansia ti pervadono appena la tua mente è sgombra da pensieri più piccoli e concreti…. Piango. Ovunque. Non provare più imbarazzo per gli occhi lucidi in mezzo alla folla è sintomo di conoscenza ed accettazione di se stessi o di semplice e puro malessere andante?
Anima in pena, ogni tanto, i fantasmi del dolore tornano a bussare alla mia porta. E’ la paura. Le mie paure. Quelle che complicano tutto, rovinano, limitano. E io vorrei essere quell’animo libero e semplice. Quella donna serena e self-conscious che tutti qui intorno vedono, a volte non so dove la vedano.
Le mie piccole manie rimangono le stesse, il rifugio, ciò che non spaventa: le mie brioches al kamut senza zucchero al mattino, le albicocche mature nella borsa durante il giorno, un libro intenso da leggere nei momenti di attesa, il pranzo nel nuovo biobar in città scoprendo le tante facce del seitan.

Tuesday, June 26, 2012

La pace impossibile

Tra tutte le piccole e grandi iniziative, più o meno riuscite, che prendono vita durante questa umida e calda estate emiliana, una mostra fotografica un pò insolita la fa da padrona.
A Reggio Emilia, fino a metà luglio, "La pace impossibile", foto di guerra di Don Mc Cullin, uno dei più grandi fotografi "della realtà" del nostro secolo.
Palazzo Magnani accoglie una mostra fotografica di medie dimensioni fisiche ma di immense dimensioni psicologiche. 
Rarissime volte ho provato vero malessere nel guardare immagini di dolore, forse perchè non erano così reali come quelle di questa mostra. Nausea e rabbia credo siano le emozioni e sensazioni che sicuramente si provano nel vivere queste immagini.
"Sono un prodotto di Hitler. Sono nato negli anni Trenta e sono stato bombardato negli anni Quaranta”. Dice di sè.

Tuesday, June 5, 2012

Il momento è delicato

Ho trascorso il week end tra le pagine di un libro, o meglio, di una raccolta di racconti. E' stato un week end strano, in cui l'obiettivo di tutti era rimettere in fila i pensieri, dimenticarne alcuni.
Niccolò Ammaniti aiuta ad immergersi altrove, anche solo se per il tempo delle sue parole.

All’albergo Sant’Anselmo, al ventiduesimo chilometro della Casilina, arrivò alle 20.30 di un giorno di maggio una Ford Mondeo blu da cui scese una coppia sulla quarantina e un pipistrello (rhinolophus ferrumequinum) che svolazzò penosamente sul parcheggio e s’infilò in una finestrella del tetto.
La coppia era silenziosa, anche il pipistrello.
I coniugi Coccia erano lì per uno scambio di coppia. Il pipistrello, invece, perché appesi a un angolo oscuro della soffitta dell’albergo, piena di vecchi mobili anni Settanta, c’erano gli altri membri della sua colonia.
Carla ed Emilio Coccia avevano discusso per metà viaggio, ma quando avevano imboccato la Casilina nella macchina era sceso il silenzio.
Il pipistrello si era abbassato, affamato, su un prato su cui pascolavano delle mucche e un essere veloce, nero, un gatto, si era materializzato dal nulla. Per poco il volatile non ci aveva rimesso la vita. Il felino con un’unghiata gli aveva squarciato l’ala destra e solo il disperato desiderio di vita aveva permesso al vampiro di scappare.
I coniugi Coccia incontrarono i coniugi Carletti al bar dell’albergo. Bar, una parola grossa. Due sedie di plastica,
un tavolino, loro da una parte, gli altri dall’altra. In mezzo, una bottiglia di Asti Cinzano e i certificati medici di sana e robusta costituzione. Le stanze erano già state prese, una accanto all’altra.
Il pipistrello, quattro piani più in alto, si unì ai suoi compagni, fremendo ed emettendo ultrasuoni. Era stremato e mezzo dissanguato. Gli altri gli si fecero vicini e allargarono le ali grigie.
Carla Coccia guardava quell’uomo, il signor Franco Carletti, quell’uomo con i capelli tinti di biondo, una giacca di pelle con la scritta “Ducati” su un fianco. Guardava Guendalina, la moglie, una con il seno rifatto (con una rosa sulla tetta destra), la bocca rifatta e non il naso. Perché il naso no? Carla guardava suo marito che si era ringalluzzito tutto. Che sorrideva. Che offriva spumante. Che le diceva sottovoce: - Visto che non sono dei mostri. Lui non mi sembra niente male. Quante storie hai fatto. Hai visto? Non è un sacrificio. Ti piacerà. – Carla si guardava fare sì con la testa. Carla guardava quell’uomo, il Franco Carletti, proprietario di un internet cafè, con cui sarebbe andata a letto tra breve.
Un gruppo di ricercatori dell’università della Virginia ha studiato per anni una colonia di pipistrelli utilizzando telecamere a raggi infrarossi e ha scoperto che questi animali si aiutano e sostengono fra loro. Gli individui più forti si fanno succhiare il sangue dai più deboli e malati. Paul T. Richard, direttore dell’istituto di zoologia dell’università della Virginia, ha detto entusiasticamente: “I pipistrelli dimostrano, senza ombra di dubbio, che l’amore nel mondo animale esiste e assomiglia moltissimo al sacrificio”.
Carla Coccia vide suo marito avviarsi verso l’ascensore con Guendalina. Franco Carletti sorrise (aveva un dente d’oro) e la prese per mano: - Ci divertiamo bellezza, vedrai. Mi piacciono le casalinghe, perché sono porche. Mia moglie è una porcina esagerata. – Carla fece segno di sì con la testa e seguì gli altri.
Il pipistrello, nella soffitta, si attaccò al collo di un suo compagno, si fece largo nella pelliccia e affondò i canini nella pelle e cominciò a succhiare e a fremere.

da "Il momento è delicato", Niccolò Ammaniti, 2012

Thursday, May 31, 2012

Trema

La cultura materialista e consumista in cui siamo cresciuti e in cui ci hanno educato ci spinge a provare disperazione solamente quando il dolore e la difficoltà riguarda noi stessi. Non da tutti se riguarda il vicino.
Nell'era del capitalismo e dell'egoismo stiamo imparando che il benessere e la proprietà non sono dovuti. Anzi, sono parti piccole e deboli di cui dovremmo prenderci più cura.
Non ho mai fatto vacanze in campeggio.
Ieri sera ho dormito in tenda per la prima volta. Una tenda speciale, preparata con amore, in cui il mio materasso era stato imbottito e sistemato con più cura, perchè io riuscissi a dormire bene per andare al lavoro il giorno dopo. Una tenda in cui abbiamo parlato del "piano B" in caso di un altro terremoto ancora più forte, sul trasferirici altrove, sul rimanere comunque uniti. 
E sei riuscito a trasformare una tragedia che ci ha colpiti così vicini in una nostra esperienza comune.

Saturday, May 12, 2012

Own goal

Sono stata bersagliata per giorni a Londra da uno slogan pubblicitario di un noto brand di abbigliamento sportivo che però potrebbe applicarsi perfettamente alle nostre vite: Which own goal?
Nei momenti peggiori del mio essere parte integrante del meccanismo capitalistico, a volte rimango delusa dal sorprendermi a sperare che arrivi sera, che arrivi il week end. Come se non vivessi "durante il giorno" perchè lavoro, ma solamente nel "tempo libero". Come se non potessi  godermi il tempo trascorso con persone che sono di destino "colleghi" e non amici, ma che potrebbero comunque rivelarsi piacevoli.
Ma siamo sicuri di voler vivere solamente durante il tempo libero? Perchè purtroppo quest'ultimo è una percentuale nettamente inferiore del tempo che trascorriamo al lavoro. Vivremmo troppo poco. Sopravviveremmo troppo.
Ho letto l'estenuante libro di Natsuo Kirino, Grotesque, e la vita di un malvivente cinese emigrato in Giappone narrata nel libro mi fa riflettere sull'importanza delle scelte e delle occasioni fortuite lungo il corso della vita di ciascuno. Nato nelle campagne sperdute della Cina, per non morire di fame decide di emigrare nelle grandi città e successivamente all'estero raccontando il viaggio della speranza che numerosi emigrati cinesi hanno fatto stipati in container di ferro su navi mercantili con un cacciavite in mano. Per fare dei buchi appena l'aria si sarebbe fatta irrespirabile, dopo qualche ora dalla chiusura del container e dalla partenza della nave dal porto. Zhezhong sostiene che in Cina dove si nasce determini il futuro delle persone. Credo che questo avvenga non solo in Cina e che un cacciavite in mano serva sempre, anche quando il container è solo mentale, nell'Occidente ed ora. 
Non ho ancora ben chiari quali siano i miei obiettivi ed aspirazioni personali, ho sempre corso, a volte anche solo sapendo da dove venivo e non volevo stare ma non sapendo verso dove.
Ripenso spesso a dove e come sono cresciuta, soprattutto negli ultimi anni, e mi succede in momenti dove dovrei pensare a tutt'altro. Mi capita spesso di emozionarmi e commuovermi mentre parlo in pubblico, davanti ad una platea famelica di cento persone, che scrive, riflette, memorizza ciò che dico. Penso a chi sia io, infondo, per poter dire ad altri cose che dovrebbero fare e come farle. E mi commuovo perchè in quel momento, mentre continuo a parlare e i miei occhi diventano lucidi, penso alla bambina che ero, quella che scavava in giardino in campagna per cercare dei lombrichi per andare a pescare con suo nonno, quella che voleva fare l'archeologa perchè scavando trovava "cose rare", quella che accarezzava le mucche e ficcava loro la mano in bocca per farsela massaggiare dalla loro linguaccia ruvida e gigante. Pensare che queste persone credono a quello che dice una giovane donna che viene dalla campagna e che ama le vacche mi commuove sempre.