Sunday, November 13, 2011

Thoughts late in the afternoon


Diventa buio troppo presto ma troppo bene oramai. Soprattutto nelle giornate di sole tiepido e limpido come oggi. Martedì scorso è uscito un libro da me tanto atteso che sapevo avrei divorato subito. Murakami Haruki, IQ84. Ho trascorso il week end ormai concluso a convincermi che avrei potuto fare altro che leggere ovunque il mio scrittore preferito: durante la colazione, sul water, sul divano, mentre mescolavo il minestrone, mentre decidevo se andare a correre col cane o rimanere sul divano proprio intenta nella lettura. Leggere romanzi ambientati a Tokyo, di luoghi, tradizioni e usanze che riconosco in quello che ho visto e vissuto anni fa in Giappone mi incolla alle pagine. Forse è per questo che scelgo romanzi che narrano di luoghi che ho visto e che riesco a immaginare con precisione nella mia mente. O forse è per questo che andrei ovunque, pur di poter vedere e non solo immaginare i luoghi su questa Terra.
Mi consola vedere come stia uscendo dalla fase più egoistica della mia prima esistenza e dopo 30 anni di indifferenza verso il mondo che non fosse quello costruito da me, il mio, mi accingo a riflettere su cosa poter fare per il mondo di tutti.
Non ho mai avuto influenze ormonali e sociali nel fare scelte e modellare la mia vita. Ma oggi mi capita spesso di riflettere su cosa potrei offrire ad un immaginario figlio che abbia voglia di ascoltare quello che sua madre ha fatto, pensato e pensa. Amore, sì, ma quei valori che ridendo e mazziando mi sono stati trasmessi fin da piccola. Che oggi non vedo negli altri, non vedo insegnare, non vedo importanti. Il pessimismo e la paura costante di mia madre mi hanno reso ottimista e coraggiosa, perché troppo dolore provavo nel vedere quanto stesse male per ogni piccola incertezza. Inconsciamente, ho fatto il primo atto d’amore verso me stessa nel crescere più forte verso l’esterno.
Ora l’esterno non mi spaventa, mi indigna e come me vorrei non indignasse i miei figli. Ma ai miei figli vorrò insegnare proprio quei valori che ora vedo sempre più raramente importanti. Allora potrei contribuire nel rendere l’esterno più umano, più equo, più vivibile, perché sarei meno preoccupata nel farmi ingravidare allegramente col sapere che domani i miei frutti possano essere più sereni e non per forza guerrieri come ci siamo fatti ridurre.

Friday, November 11, 2011

Sunday

Cosa ne vogliamo fare di questa domenica grigia, ventosa e piovosa?
Cosa ne vogliamo trarre dopo una settimana di ripresa “ai lavori” (che mi sembrano sempre più forzati)?
Rimanere qui sul divano, abbagliata dalla luce proveniente dalla finestra del terrazzo, guardare il giardino muoversi grazie al vento, leggere le riviste comprate in edicola nei giorno scorsi… Mentre un piede scalzo massaggia la testa pelosa del cane che dorme ai miei piedi, che vibra per l’effetto nervoso dei suoi sogni. Chissà cosa sognano i cani…
Preparare una cheesecake un po’ light sostituendo la panna con la ricotta e il Philadelphia, la base di biscotti frollini con un trito di biscotti integrali senza zucchero. Devo muovermi, vorrei ingoiarla tutta dopo pranzo e deve rimanere in frigo 3 ore prima di essere divorata!
Andare al cinema nel tardo pomeriggio a vedere “La criptonite nella borsa” in quella piccola sala sulla via Emilia a Cella. Chissà se andrò mai in un cinema di film erotici, “a luci rosse”, nella mia vita…
Non dovrò preparare il pranzo, le crepe della suocera agli spinaci e ragù sono già nel forno. Potrò fare lo sforzo di accenderlo!
Una corsetta però dovrei proprio farla, sono 2 giorni che non mi muovo… Anche un po’ di esercizi con i pesi per le braccia, se tornano “flaccide” non so come potrei reagire…
Vorrei leggere il libro iniziato la settimana scorsa, “La dimora delle bambole” di Mishima Yukio.
Vorrei… che tu fossi qui, farle insieme. Mi piacciono di più le cose semplici fatte insieme, come la spesa di ieri, chiedere l’affettato tagliato sottile perché a te piace così… Riempire il carrello di broccoli e non riuscire a farli stare tutti in frigo.
Vorrà dire che aspetterò il tuo ritorno per le cose semplici, oggi farò cose difficili.

CHEESECAKE PER DEBOLINI DI INTESTINO ALLA FRUTTA
400 gr di frutta a scelta (io preferisco le fragole in primavera, le pesche in estate, le pere in inverno… sono “stagionale”)
succo di 1 limone
100 gr biscotti secchi integrali (preferisco usare quelli anche senza zucchero)
40 gr burro (Prealpi a basso contenuto di colesterolo)
1 cucchiaio di miele (uso quello d’eucalipto dalle proprietà gastro-protettive per lo stomaco)
2 fogli di gelatina (detta colla di pesce)
2 uova
100 gr di zucchero (uso il succo di mele di Rigoni di Asiago o il fruttosio)
150 gr ricotta o Philadelphia light
2 dl panna fresca

Sbucciare la frutta e tagliarla a pezzetti. Condirla col succo di limone dolcificato (a preferenza). Fare riposare per una decina di minuti.
Sbriciolare i biscotti secchi in una ciotola, aggiungere il burro fatto sciogliere col miele. Stendere i biscotti imbevuti di burro e miele sul fondo di uno stampo a cerniera, 20\22 cm di diametro. Livellare la superficie dei biscotti premendo con il dorso di un cucchiaio.
Distribuire sul fondo la frutta al limone ben sgocciolata.
Separare i tuorli dagli albumi (da tenere).
Immergere la gelatina per 5 minuti in acqua fredda.
Mettere i tuorli in una terrina e mescolare con la frusta insieme allo zucchero per alcuni minuti. Unire la ricotta (o Philadelphia light) e mescolare.
Intiepidire il sughetto della frutta e sciogliervi la gelatina ben strizzata. Unire il sugo della frutta alla ricotta e incorporare delicatamente prima la panna montata poi gli albumi montati a neve ferma.
Versare sulla base dei biscotti e frutta.
Battere un paio di volte lo stampo sul piano di lavoro per assestare la crema.
Mettere in frigo per 3 ore.
Per servire: passare la lama di un coltello tra il dorso dello stampo e la crema. Aprire la cerniera dello stampo. Io decoro la superficie con fettine di frutta usata nell’impasto, ma solamente una volta che quest’ultimo si è solidificato.
Gnam gnam….

Tuesday, November 1, 2011

Damned world

Il senso dell’umorismo di una cara amica mi aveva solleticato l’anima già domenica a pranzo tramite sms: “domani finisce la pacchia, baci”.
Avevo pianificato tutto nei dettagli: tornare al lavoro in ufficio dopo un mese di malattia nel modo più indolore possibile… un giorno e poi riposo, poi ricominciare. Lunedì 31 ottobre era perfetto. Il giorno dopo sarei stata ancora “off”.
Un mese di malattia che mi ha rinnovato lo spirito, non devastato troppo il fisico. Difficile da dimenticare... e da accettare.
Decido di partire da casa in anticipo, percorrermi quel tratto di strada con calma, non facendo ruggire troppo il mio nuovo motore. La nuova colazione “al the” mi ricorda, una volta in auto, che il caffè mi serviva anche “da sveglia”. Pazienza.
Arrivo davanti all’azienda alle 8.24. Ripesco il badge nella borsa, cerco di ricordare da che lato devo scorrerlo sotto al lettore della porta automatica per farla aprire… rifletto da che parte diversa devo passarlo sotto al lettore magnetico delle timbrature-presente.
Mi incammino verso il mio ufficio. Poche superstiti. “Buongiorno a tutti”, non fingendo nemmeno il sorriso. “Ma ciao, vieni qui e fatti vedere… Ma sei in forma!!!”. Se fossi stata cadavere me ne sarei rimasta sul divano che ormai aveva assunto le mie forme a meraviglia.
Arrivo alla mia scrivania, appoggio la mia borsa nello stesso posto, tiro fuori gli occhiali da vista, la mia agenda, il blackberry, posiziono il mio portatile… e TRAGEDIA: noto il portapenne e le pile di appunti, fascicoli, riviste millimetricamente spostate. “Qualcuno ha lavorato alla mia scrivania?”. “No no, figurati…”. Eh sì, mi FIGURO che l’abbiate fatto, ficcando quelle luride manine laccate di rosso ultimo trend e tempestate di bijoux nelle “mie sudate carte”.
Arriva il fenomeno, detto Direttore, che pensa bene di irradiarmi un po’ della sua luce propria… altruista, ricordandosi che da un mese non mi inonda della sue autocelebrazioni. Andiamo a prendere questo caffè, sì, va bene, anche se io non bevo più caffè.
I 30 minuti che ci sono voluti per ricordami che “non esistono più previsioni e proiezioni di mercato e vendite che tengano” io li avrei dedicati alla tisana al cardo mariano ed alla ricerca di una nuova ricetta più vegetariana possibile per il pranzo… solo pochi giorni prima. Quando tento di dire la mia, non mi ascolta, anzi… inizia a riflettere su ciò che mi dovrà dire appena chiuderò il becco. Mi tengo la mia per me, probabilmente aveva voglia di qualcuno che gli stesse accanto per ascoltarsi e non dare nell’occhio parlando da solo.
Ritorno alla scrivania, sono già le 9.15. Inizia la processione delle finte interessate al tuo stato di salute che in realtà vorrebbero che tu sgravassi loro da quelle cose che da un mese sono rimaste lì da fare sulla loro scrivania. “Come stai? Sei bellissima”. “Non mi devi corteggiare per avere una mano….”.
E’ la volta della nuova stagista, pura e libera come una puledra che corre nei prati, con una mise da “Beverly Hills 90210” (l’ombelico scoperto è un look troppo azzardato…le farò notare). “Ciao, tutto bene? Volevo chiederti alcune cose che non ho capito Alessia.” L’ufficio, che ha orecchie ovunque, si ferma. Silenzio. “Lavori qui da due mesi e non sai come mi chiamo?” “Ehm, Alle?!?”. “Alessandra. Per questa volta ho 5 minuti di tempo”  fingendo di aver fatto una battuta ma capendo che sulla puledra c’è ancora molto lavoro da fare.
Stranamente un’azienda di donne ha, da poco, uno stagista anche maschio (perché “uomo” sarebbe una definizione troppo azzardata). Il malcapitato dovrebbe prendere le mie telefonate durante alcune riunioni della mattinata. Prima di pranzo, silenzioso e titubante, si avvicina alla mia scrivania. “Ehm, ho segnato tutte le persone che ti hanno chiamato. Solo che non sapevo se eri tornata ed ho detto che non c’eri”. “Ma se mi hai visto e parlato, come facevo a non esserci?” “Eh Annalisa, pensavo non volessi essere disturbata tutto il giorno ed ho detto che non c’eri.” “Oggi dovrò per forza essere qualcun altro. Ripeto che mi chiamo Alessandra” fingendo ancora una volta di avere fatto una battuta. 
Sconsolata getto uno sguardo in ricerca di sostegno alla mia collega se non amica di sventure seduta poco più in là. La Bacci accetta l’invito. E’ ora di pranzo, volevo comunicarle con uno sguardo che solamente la sua compagnia mi avrebbe allietato il pasto.
Però, dannazione, mi parli anche tu Bacci solo di lavoro durante l’ora ed un quarto di pausa?!? “Perché Alle mi sento senza obiettivi, senza autonomia…” “Ed io mi sentivo così bene a casa…”. Parliamo di come si stia bene nel mondo e nello stile di vita che si sceglie e ci si crea, non di proiezioni per la nuova campagna vendite, “perdddio”!!!
Durante il pomeriggio, una calamita, che ancora non ho localizzato, attira a me le telefonate dei clienti più “rompicoglioni” con cui abbia mai avuto a che fare. 
Alle 16.30 decido di mangiare una mela in sala ristoro. Al tavolo con alcune compagne di ufficio, oggi l’argomento è la lingerie sexy. Mi invitano ad una seduta di shopping venerdì sera dopo il lavoro per acquistare intimo sexy. A 30 anni io ed ai 40 vostri, vogliamo tornare a fare quello che facevamo a 18 anni?!? No grazie, vorrei evolvere e provare cose nuove ad ogni età.
Come concludere una giornata che di piacevole non ha avuto altro se non il pollo alla salsa messicana a pranzo? Con l’arrivo di 2 multe da pagare. E la dissenteria per la salsa messicana un po’ troppo piccante.