Sunday, December 11, 2011

La notte più bella


Recita una frase che ritagliai anni fa da una rivista ed appiccicai al muro della mia camera da letto, ormai un collage, insieme ad altre frasi che amo rileggere prima di addormentarmi: LA NOTTE PIU' BELLA E' QUELLA CHE ANCORA POTRAI VIVERE.
Non potrebbe essere così per ogni cosa? Come se qualcosa di ancora più bello tu possa meritare ed imparare a viverlo?
Stanotte il cielo era speciale, una luna piena nascosta  a tratti da nuvole che la rincorrevano per nasconderla. Luce, una notte molto luminosa, calda. 
Come un bravo  re magio mi godo il viaggio verso la meta, non portando doni preziosi agli occhi ma solo una bottiglia di Sauvignon e una gran voglia di rivedere e parlare con una cara amica.
L'amica cara ha traslocato da poco sulle colline reggiane, in un paesino di poche anime, in cui la luna di ieri sera rendeva tutto ancora più speciale. Un'ottima cuoca, una di quelle giovani donne che oltre ad essere già "mamma" lo sono anche per te: per i consigli che ti danno in cucina, per i consigli che ti danno sui figli, per i consigli che ti danno sugli uomini, per i consigli che ti danno perchè ti vogliono proteggere.
Doveva ancora arrivare la nostra notte più bella, perchè di notti a parlare ne abbiamo vissute molte in passato. Ma ieri sera è arrivata la più bella, come di ancora più belle ne arriveranno altre.
Le luci dell'albero di Natale, le luci spente e il nostro sussurrare per non svegliare il figlio già crollato dopo i titoli di coda di Kung Fu Panda 2. Le sue domande, che nessuno mi ha mai fatto, che mi fanno crollare e sussultare perchè mi fanno accorgere di quanto mi conosca e mi sappia leggere dentro.
E' un uscire contenta, in cui mi faccio un'acconciatura strana, mi metto il rossetto più appariscente, per andare nel nido di una persona con cui non ho freni, non ho segreti, riesco a parlare incessantemente nonostante io parli "poco". E non ricevo giudizi, ma solo punti di vista anche diversi.
Ieri sera ho ricevuto il mio regalo di Natale, era sotto il suo albero. Il nuovo libro di Fabio Volo, Le prime luci del mattino. La dedica questa volta era della mia cara amica, non di Fabio Volo come i precedenti. Ed è la dedica più bella.
"Ho scelto questo libro dopo la domanda dell'addetto in libreria. Ho chiesto un bel libro appena uscito, lui mi chiede che tipo è la mia amica a cui lo dovrà regalare. Io rispondo: E' LA SEMPLICITA' E PUREZZA FATTA A PERSONA. Lui mi dice che così non gli ho detto nulla. Però gli avevo già detto TUTTO."

Sunday, November 13, 2011

Thoughts late in the afternoon


Diventa buio troppo presto ma troppo bene oramai. Soprattutto nelle giornate di sole tiepido e limpido come oggi. Martedì scorso è uscito un libro da me tanto atteso che sapevo avrei divorato subito. Murakami Haruki, IQ84. Ho trascorso il week end ormai concluso a convincermi che avrei potuto fare altro che leggere ovunque il mio scrittore preferito: durante la colazione, sul water, sul divano, mentre mescolavo il minestrone, mentre decidevo se andare a correre col cane o rimanere sul divano proprio intenta nella lettura. Leggere romanzi ambientati a Tokyo, di luoghi, tradizioni e usanze che riconosco in quello che ho visto e vissuto anni fa in Giappone mi incolla alle pagine. Forse è per questo che scelgo romanzi che narrano di luoghi che ho visto e che riesco a immaginare con precisione nella mia mente. O forse è per questo che andrei ovunque, pur di poter vedere e non solo immaginare i luoghi su questa Terra.
Mi consola vedere come stia uscendo dalla fase più egoistica della mia prima esistenza e dopo 30 anni di indifferenza verso il mondo che non fosse quello costruito da me, il mio, mi accingo a riflettere su cosa poter fare per il mondo di tutti.
Non ho mai avuto influenze ormonali e sociali nel fare scelte e modellare la mia vita. Ma oggi mi capita spesso di riflettere su cosa potrei offrire ad un immaginario figlio che abbia voglia di ascoltare quello che sua madre ha fatto, pensato e pensa. Amore, sì, ma quei valori che ridendo e mazziando mi sono stati trasmessi fin da piccola. Che oggi non vedo negli altri, non vedo insegnare, non vedo importanti. Il pessimismo e la paura costante di mia madre mi hanno reso ottimista e coraggiosa, perché troppo dolore provavo nel vedere quanto stesse male per ogni piccola incertezza. Inconsciamente, ho fatto il primo atto d’amore verso me stessa nel crescere più forte verso l’esterno.
Ora l’esterno non mi spaventa, mi indigna e come me vorrei non indignasse i miei figli. Ma ai miei figli vorrò insegnare proprio quei valori che ora vedo sempre più raramente importanti. Allora potrei contribuire nel rendere l’esterno più umano, più equo, più vivibile, perché sarei meno preoccupata nel farmi ingravidare allegramente col sapere che domani i miei frutti possano essere più sereni e non per forza guerrieri come ci siamo fatti ridurre.

Friday, November 11, 2011

Sunday

Cosa ne vogliamo fare di questa domenica grigia, ventosa e piovosa?
Cosa ne vogliamo trarre dopo una settimana di ripresa “ai lavori” (che mi sembrano sempre più forzati)?
Rimanere qui sul divano, abbagliata dalla luce proveniente dalla finestra del terrazzo, guardare il giardino muoversi grazie al vento, leggere le riviste comprate in edicola nei giorno scorsi… Mentre un piede scalzo massaggia la testa pelosa del cane che dorme ai miei piedi, che vibra per l’effetto nervoso dei suoi sogni. Chissà cosa sognano i cani…
Preparare una cheesecake un po’ light sostituendo la panna con la ricotta e il Philadelphia, la base di biscotti frollini con un trito di biscotti integrali senza zucchero. Devo muovermi, vorrei ingoiarla tutta dopo pranzo e deve rimanere in frigo 3 ore prima di essere divorata!
Andare al cinema nel tardo pomeriggio a vedere “La criptonite nella borsa” in quella piccola sala sulla via Emilia a Cella. Chissà se andrò mai in un cinema di film erotici, “a luci rosse”, nella mia vita…
Non dovrò preparare il pranzo, le crepe della suocera agli spinaci e ragù sono già nel forno. Potrò fare lo sforzo di accenderlo!
Una corsetta però dovrei proprio farla, sono 2 giorni che non mi muovo… Anche un po’ di esercizi con i pesi per le braccia, se tornano “flaccide” non so come potrei reagire…
Vorrei leggere il libro iniziato la settimana scorsa, “La dimora delle bambole” di Mishima Yukio.
Vorrei… che tu fossi qui, farle insieme. Mi piacciono di più le cose semplici fatte insieme, come la spesa di ieri, chiedere l’affettato tagliato sottile perché a te piace così… Riempire il carrello di broccoli e non riuscire a farli stare tutti in frigo.
Vorrà dire che aspetterò il tuo ritorno per le cose semplici, oggi farò cose difficili.

CHEESECAKE PER DEBOLINI DI INTESTINO ALLA FRUTTA
400 gr di frutta a scelta (io preferisco le fragole in primavera, le pesche in estate, le pere in inverno… sono “stagionale”)
succo di 1 limone
100 gr biscotti secchi integrali (preferisco usare quelli anche senza zucchero)
40 gr burro (Prealpi a basso contenuto di colesterolo)
1 cucchiaio di miele (uso quello d’eucalipto dalle proprietà gastro-protettive per lo stomaco)
2 fogli di gelatina (detta colla di pesce)
2 uova
100 gr di zucchero (uso il succo di mele di Rigoni di Asiago o il fruttosio)
150 gr ricotta o Philadelphia light
2 dl panna fresca

Sbucciare la frutta e tagliarla a pezzetti. Condirla col succo di limone dolcificato (a preferenza). Fare riposare per una decina di minuti.
Sbriciolare i biscotti secchi in una ciotola, aggiungere il burro fatto sciogliere col miele. Stendere i biscotti imbevuti di burro e miele sul fondo di uno stampo a cerniera, 20\22 cm di diametro. Livellare la superficie dei biscotti premendo con il dorso di un cucchiaio.
Distribuire sul fondo la frutta al limone ben sgocciolata.
Separare i tuorli dagli albumi (da tenere).
Immergere la gelatina per 5 minuti in acqua fredda.
Mettere i tuorli in una terrina e mescolare con la frusta insieme allo zucchero per alcuni minuti. Unire la ricotta (o Philadelphia light) e mescolare.
Intiepidire il sughetto della frutta e sciogliervi la gelatina ben strizzata. Unire il sugo della frutta alla ricotta e incorporare delicatamente prima la panna montata poi gli albumi montati a neve ferma.
Versare sulla base dei biscotti e frutta.
Battere un paio di volte lo stampo sul piano di lavoro per assestare la crema.
Mettere in frigo per 3 ore.
Per servire: passare la lama di un coltello tra il dorso dello stampo e la crema. Aprire la cerniera dello stampo. Io decoro la superficie con fettine di frutta usata nell’impasto, ma solamente una volta che quest’ultimo si è solidificato.
Gnam gnam….

Tuesday, November 1, 2011

Damned world

Il senso dell’umorismo di una cara amica mi aveva solleticato l’anima già domenica a pranzo tramite sms: “domani finisce la pacchia, baci”.
Avevo pianificato tutto nei dettagli: tornare al lavoro in ufficio dopo un mese di malattia nel modo più indolore possibile… un giorno e poi riposo, poi ricominciare. Lunedì 31 ottobre era perfetto. Il giorno dopo sarei stata ancora “off”.
Un mese di malattia che mi ha rinnovato lo spirito, non devastato troppo il fisico. Difficile da dimenticare... e da accettare.
Decido di partire da casa in anticipo, percorrermi quel tratto di strada con calma, non facendo ruggire troppo il mio nuovo motore. La nuova colazione “al the” mi ricorda, una volta in auto, che il caffè mi serviva anche “da sveglia”. Pazienza.
Arrivo davanti all’azienda alle 8.24. Ripesco il badge nella borsa, cerco di ricordare da che lato devo scorrerlo sotto al lettore della porta automatica per farla aprire… rifletto da che parte diversa devo passarlo sotto al lettore magnetico delle timbrature-presente.
Mi incammino verso il mio ufficio. Poche superstiti. “Buongiorno a tutti”, non fingendo nemmeno il sorriso. “Ma ciao, vieni qui e fatti vedere… Ma sei in forma!!!”. Se fossi stata cadavere me ne sarei rimasta sul divano che ormai aveva assunto le mie forme a meraviglia.
Arrivo alla mia scrivania, appoggio la mia borsa nello stesso posto, tiro fuori gli occhiali da vista, la mia agenda, il blackberry, posiziono il mio portatile… e TRAGEDIA: noto il portapenne e le pile di appunti, fascicoli, riviste millimetricamente spostate. “Qualcuno ha lavorato alla mia scrivania?”. “No no, figurati…”. Eh sì, mi FIGURO che l’abbiate fatto, ficcando quelle luride manine laccate di rosso ultimo trend e tempestate di bijoux nelle “mie sudate carte”.
Arriva il fenomeno, detto Direttore, che pensa bene di irradiarmi un po’ della sua luce propria… altruista, ricordandosi che da un mese non mi inonda della sue autocelebrazioni. Andiamo a prendere questo caffè, sì, va bene, anche se io non bevo più caffè.
I 30 minuti che ci sono voluti per ricordami che “non esistono più previsioni e proiezioni di mercato e vendite che tengano” io li avrei dedicati alla tisana al cardo mariano ed alla ricerca di una nuova ricetta più vegetariana possibile per il pranzo… solo pochi giorni prima. Quando tento di dire la mia, non mi ascolta, anzi… inizia a riflettere su ciò che mi dovrà dire appena chiuderò il becco. Mi tengo la mia per me, probabilmente aveva voglia di qualcuno che gli stesse accanto per ascoltarsi e non dare nell’occhio parlando da solo.
Ritorno alla scrivania, sono già le 9.15. Inizia la processione delle finte interessate al tuo stato di salute che in realtà vorrebbero che tu sgravassi loro da quelle cose che da un mese sono rimaste lì da fare sulla loro scrivania. “Come stai? Sei bellissima”. “Non mi devi corteggiare per avere una mano….”.
E’ la volta della nuova stagista, pura e libera come una puledra che corre nei prati, con una mise da “Beverly Hills 90210” (l’ombelico scoperto è un look troppo azzardato…le farò notare). “Ciao, tutto bene? Volevo chiederti alcune cose che non ho capito Alessia.” L’ufficio, che ha orecchie ovunque, si ferma. Silenzio. “Lavori qui da due mesi e non sai come mi chiamo?” “Ehm, Alle?!?”. “Alessandra. Per questa volta ho 5 minuti di tempo”  fingendo di aver fatto una battuta ma capendo che sulla puledra c’è ancora molto lavoro da fare.
Stranamente un’azienda di donne ha, da poco, uno stagista anche maschio (perché “uomo” sarebbe una definizione troppo azzardata). Il malcapitato dovrebbe prendere le mie telefonate durante alcune riunioni della mattinata. Prima di pranzo, silenzioso e titubante, si avvicina alla mia scrivania. “Ehm, ho segnato tutte le persone che ti hanno chiamato. Solo che non sapevo se eri tornata ed ho detto che non c’eri”. “Ma se mi hai visto e parlato, come facevo a non esserci?” “Eh Annalisa, pensavo non volessi essere disturbata tutto il giorno ed ho detto che non c’eri.” “Oggi dovrò per forza essere qualcun altro. Ripeto che mi chiamo Alessandra” fingendo ancora una volta di avere fatto una battuta. 
Sconsolata getto uno sguardo in ricerca di sostegno alla mia collega se non amica di sventure seduta poco più in là. La Bacci accetta l’invito. E’ ora di pranzo, volevo comunicarle con uno sguardo che solamente la sua compagnia mi avrebbe allietato il pasto.
Però, dannazione, mi parli anche tu Bacci solo di lavoro durante l’ora ed un quarto di pausa?!? “Perché Alle mi sento senza obiettivi, senza autonomia…” “Ed io mi sentivo così bene a casa…”. Parliamo di come si stia bene nel mondo e nello stile di vita che si sceglie e ci si crea, non di proiezioni per la nuova campagna vendite, “perdddio”!!!
Durante il pomeriggio, una calamita, che ancora non ho localizzato, attira a me le telefonate dei clienti più “rompicoglioni” con cui abbia mai avuto a che fare. 
Alle 16.30 decido di mangiare una mela in sala ristoro. Al tavolo con alcune compagne di ufficio, oggi l’argomento è la lingerie sexy. Mi invitano ad una seduta di shopping venerdì sera dopo il lavoro per acquistare intimo sexy. A 30 anni io ed ai 40 vostri, vogliamo tornare a fare quello che facevamo a 18 anni?!? No grazie, vorrei evolvere e provare cose nuove ad ogni età.
Come concludere una giornata che di piacevole non ha avuto altro se non il pollo alla salsa messicana a pranzo? Con l’arrivo di 2 multe da pagare. E la dissenteria per la salsa messicana un po’ troppo piccante.

Thursday, October 27, 2011

Mi chiamavano Tognan... (da "tognan caghè")


Quello che ero poco più di 10 anni fa è un mistero. Non perché non sappia come fossi. Ma non so come possa essere diventata un piccolo essere vivente molto ribelle, un po’ macabro e troppo mascolino.
Mi ricordano spesso i miei ex compagni di classe che i professori, durante gli anni del liceo, mi chiedevano il permesso di interrogarmi, perché se non era aria… pazienza, ci avrebbero riprovato.
“Alessandra, stai calma… posso farti qualche domanda?” In latino era sempre “no”.
I mezzi per comunicare con l’esterno erano il dito medio, esprimeva un po’ della mia rabbia, spaccare le cose, identificava il mio passaggio, mangiare pizza a spicchi di Olindo seduta su una panchina nel parco. Fin da allora non ho mai bevuto Coca Cola e bevande frizzanti.
Mi truccavo molto gli occhi, scuri, la matita nera era la prima cosa che prendevo in mano ogni mattina. Ora è il BlackBerry. Non che abbia fatto molti passi avanti…
Usavo vagonate di burrocacao. Non perchè usassi molto le labbra per baciare, anzi, all’epoca ero molto sulle mie e schizzinosa.
Vestivo quasi sempre di scuro. I Dottor Martins neri. Ne avrò consumati 3 paia in 3 anni… del resto si camminava “strisciandoli”, le suole non potevano fare a meno di limarsi.
Dopo i 16 anni cominciai a frequentare qualsiasi forma di concerto metal. Nacque il vizio di ascoltare la musica troppo alta, sia nell’ipod sia in macchina. Da perversa ascoltando Marylin Manson (ed andando ai suoi concerti immersa fra gente che non riesco nemmeno a descrivere… avrò rimosso) mi trasformo in intenditrice: Metallica, AC DC, Iron Maiden, Korn, Nine Inch Nails…
Detestavo la musica italiana. Troppo dolce per una “dura”.
Mangiavo solo pizza, quattro salti in padella Findus e patate.
Cominciai a sentire un immenso piacere ed interesse nel viaggiare. All’inizio non capivo se era il benessere dello “scappare”. Invece no, era il piacere di vedere e conoscere altrove. Scrivevo già, in modo un po’ troppo personale e confuso. In italiano avevo la media del 6 perché il professore non capiva i miei temi. “Sei troppo astratta”. Lui era un po’ troppo concreto… che senso aveva scrivere riassunti sulla società italiana al tempo del fascismo quando quegli anni erano i più difficili ed emotivi nella vita di una giovane recluta del mondo? Quindi… scrivevo nei temi quello che avevo voglia di dire, andando “fuori tema”.
Mi sentivo sempre fuori tema.
Nacque il “sentirmi a casa” in un locale che divenne il nostro “covo”, il Vampyria. Mi ricordo una vigilia di Natale festeggiata a bere “anime nere” ed a mangiare “vampyzza” ascoltando musica gothic metal. Ho uno splendido ricordo di quella vigilia, perché feci per la prima volta esattamente quello che avrei voluto fare.
Ero ancora alle prime armi, dovevo capire cosa fare e soprattutto se quel qualcosa era un mio volere o un’aspettativa degli altri.
Giusto, gli altri. Per me GLI ALTRI non esistevano. O meglio, cercavo di non vederli. Gli altri erano dolore, forzature, rabbia.
L’immagine di quegli anni sono io seduta in riva ad un fosso, dove il mio primo cane stava facendo il bagno.
L’immagine di quegli anni sono io rannicchiata a letto nel convincermi che scappare di casa non sarebbe stata la soluzione più ottimale.

E’ tutto questo che mi rende quasi sempre così nervosa ancora oggi? Oggi che non mi trucco gli occhi di nero ma cucino torte ogni week end? Oggi che non ho rabbia verso gli altri ma amore verso i più? Oggi che ripenso a quegli anni con serenità, forse perché il peggio è passato.

Tuesday, October 25, 2011

"Sto malissimo..."


Tornare a respirare… è un’emozione fortissima. Bellissima. Non che l’apnea sia durata pochi minuti… Anni. Ma non mi importa ora. Ora mi interessa capire quello che ho intorno. E dentro.
Ci vuole tempo, volontà perché la cosa più semplice è sempre posticipare. E negare l’importanza delle cose che fanno male.
Ho sempre avuto poco tempo per spiattellarmi in qualche dove, in casa, e guardarmi un film. Più facile era ed è sedermi al cinema, possibilmente non un multi-sala ma una saletta di paese o di centro storico. Qualsiasi fosse stata la natura della settimana trascorsa… il venerdì sera il mio posto era (ed è) là.
L’impossibilità di uscire mi costringe a spalmarmi sul divano ed a vivere un film in modo diverso.
Rai5 è diventata un’ossessione. I film delle 22.00 di rai5 il mio nuovo cinema del venerdì.
E mentre viene trasmessa la reclam di Campari Soda dal jingle poetico “siamo mondi da esplorare” mi preparo una calda tisana di cardo mariano per godermi il film più goduriosamente possibile. Un tempo mi sarei preparata dei popcorn…
Stasera in salotto proietto “Amarsi può darsi”.
Una movimentata e contemporanea storia d’amore (e di divorzio).
Una relazione che nasce in piena gioventù, vista da lei e vista da lui. “Una bella testa” di cui innamorarsi per lei. “Un gran bel culo” per lui. “Io voglio una svolta nella mia vita, un uomo concreto, reale, che mi ami, mi dia affetto, mi capisca, mi ascolti”, lei. “Noi siamo troppo diversi, vogliamo cose diverse. Il solo pensiero di svegliarmi ogni mattina e vederti, sempre in quella casa, sempre in quel letto… mi viene male”, lui. “Io voglio un figlio, ci vuole un figlio” lei. “Ma tu sei pazza, cosa credi che non mi sia accorto che buchi i preservativi con una spilla?!?” lui.
Un flashback lungo tutto il film che riporta alla scena iniziale, di lei e di lui in compagnia dei rispettivi avvocati in tribunale. “Voglio vedere come ne esci questa volta”, lui. “Sicuramente senza di te”, lei.
Trattasi di film di “formazione” per la futura maturità… Come “Il giovane Holden” letto a 15 anni….

Come se fosse....


- Cresce perché lo nutri, - aveva l’abitudine di dire una mia prozia quand’era viva. Questa prozia, nonostante l’età avanzata, era di mentalità ben più aperta di mia madre. Dopo la morte del marito aveva avuto diversi “fidanzati”, con i quali andava fuori a cena, faceva gite, giocava a gateball.
- L’amore più o meno si riduce a questo, - diceva sempre.
Se era un grande amore, era indispensabile prendersene cura, come si fa con una pianta dandole fertilizzanti e proteggendola dalla neve. Se invece era un amore da poco, bastava non occuparsene e si poteva stare tranquilli che prima o poi sarebbe morto.
Alla mia prozia piaceva ripetere queste cose come se fossero giochi di parole.
Secondo la sua logica, bastava che stessi per qualche tempo senza incontrare il professore, e sarei probabilmente riuscita a far inaridire il mio sentimento per lui.
E così di questi tempi cerco sempre di evitarlo.

Da “La cartella del professore” di Kawakami Hiromi

Saturday, October 15, 2011

Calma....


Non che una convalescenza segua un buon momento, dolore e malessere, ma si sta rivelando più prolifica di quel che avrei mai immaginato.
La mia incapacità di rilassare corpo e mente, come se fossi un filo ad alta tensione 24 ore dal lunedì al venerdì con sprazzi di spensieratezza APPARENTE durante il sabato e la domenica. Non sa da fa. La sconfitta più grande è rendersi conto di non aver imparato a farsi del bene, forse la prima cosa da imparare e da insegnare.
Il mio “non ho tempo”, espresso sotto varie forme di menzogne e limiti personali più che reali. Quanto tempo ci si fa rubare ogni giorno? Il bene più prezioso è il tempo che dedichi alle piccole cose. Guardare un picchio al mattino al risveglio aggrappato ad un tronco d’albero, mentre fai colazione con tuo padre. Non c’è più il tuo caffèlatte, quello che bevevi ogni mattina da 10 anni, c’è the col miele. Ma c’è tuo padre.
Le visite di amici e parenti mi stanno facendo conoscere persone con cui, forse non per scelta ma per fretta e superficialità, non parlavo in modo sereno e scontato da tempo. Ho rivalutato il ruolo della zia: non madre, ma molto intima, quasi un’amica. Esserlo è un dono da non sottovalutare.
Cucinare mi piace tanto, anche se riesco a farlo con un motore a scoppio: 10 minuti di impasto e creatività, 10 minuti di riposo. Un “garino” con un anziano mi vedrebbe perdente. Con le giornate a mia disposizione, finalmente le passioni si manifestano: ore di letture su un divano sempre più scomodo, cucinare qualcosa di diverso che vada al di là delle mie piadine biologiche al kamut col crudo di Parma, i film d’autore. Le chiacchiere. Ed io sono sempre stata di poche parole.  

Friday, October 14, 2011

Doraemon Emmonete e Scimmietta occhi grandi


Vi ho incontrato lungo questa strada un po’ tortuosa, non so perché sempre dissestata e non asfaltata. Non che le vostre strade siano state diverse, con meno tornanti e meno in salita. All’apparenza così diversi, poter condividere gli stessi valori, le stesse piccole cose di cui ridere, emozionarsi, commuoversi è un lusso che mi rendo conto di avere.
Ricordare una serata su un letto di ospedale, dopo un po’ di sofferenza ma più paura, come una delle serata più belle mi fa sorridere. Potrebbe essere assurdo. Ero tornata a ridere, nonostante i punti dell’intervento si facessero sentire. Non erano solo le cazzate che a turno spariamo. Era la felicità di avervi li, di poter contare su di voi durante i giorni più difficili che abbia vissuto ultimamente.
Amo il tempo che trascorro con voi, anche solo per l’ennesimo film guardato scomodamente in cucina mentre vi ingoiate le torte che preparo. Vi voglio bene, che va al di là di quello che sono le nostre vite al di fuori di noi.
Grazie, esserci sempre è quello che di più caro mi avete sempre dato.

Thursday, September 1, 2011

Ciò che voleva l'anima...

Dunque, siamo preoccupati di come sta andando il mondo, siamo preoccupati di come potrebbe essere il nostro futuro, siamo preoccupati di quanto sia sempre più difficile e disumanizzante vivere nei luoghi di lavoro e di vita. I più sensibili fra noi, o forse sarebbe meglio dire i meno garantiti, sono preoccupati che la situazione precipiti improvvisamente, sotto i loro occhi, e non ci sia assolutamente più tempo di organizzare nulla, per costruire qualche cosa che si possa configurare come duraturo, né per la loro salute, né per la loro saldezza psicologica, né per la loro tranquillità economica, né per la loro crescita a livello spirituale se ciò a loro sta a cuore, né, ancor più drasticamente, per la loro stessa sopravvivenza fisica.

Molte persone sono preoccupate di essere cacciate dal lavoro (milioni ne sono già state cacciate e ancor di più non riescono nemmeno ad averne mezzo, di lavoro) e di trovarsi senza sapere più come fare per vivere ancora in una casa che non sia fatta di quattro cartoni sotto i ponti. Nella situazione attuale tutti gli esseri umani minimamente consapevoli e intelligenti condividono almeno un po’ queste preoccupazioni.

La preoccupazione può anche essere rivolta a un versante non generalizzabile, che riguarda le nostre vicende personali, famigliari, le nostre vicende più intime. Sono preoccupazioni che hanno a che vedere con la salute fisica o psicologica del nostro compagno, della nostra compagna, di nostro papà, di nostra mamma, di nostro figlio o di nostra figlia.

Magari siamo anche preoccupati per qualche cosa che ha a che fare con il nostro particolare lavoro perché, all’interno di una crisi generale, il settore lavorativo che ci interessa più da vicino, ne sta risentendo più di altri; siamo preoccupati perché sentiamo che gli anni stanno passando e non siamo più così efficienti come una volta.

Insomma le preoccupazioni possono essere tante, su diversi versanti: quelle a cui accennavo prima sono preoccupazioni generalizzabili alla maggior parte degli esseri umani dotati di un minimo di sensibilità e di intelligenza.

Da tutte queste preoccupazioni, siano esse generalizzabili a tutti, o più inerenti al proprio privato, alla propria famiglia, alle proprie relazioni, al proprio lavoro, possono derivare diverse conseguenze.

* * *

Quando abbiamo una preoccupazione è importante osservare se rimane come tale o se ristagna trasformandosi in paura o, ancor peggio, in angoscia; se diventa paralizzante; se si attacca alle cellule, determinando qualche malattia fisica; se si traduce in un giro senza fine della nostra mente, attorno a pensieri che ci fanno paura, o anche orrore.

Se accade questo, la preoccupazione la possiamo proprio chiamare, a pieno titolo, “paura del futuro”, che poi non è nient’altro che la proiezione mostrificata di un presente che contiene in sé i germi dei mostri.

Noi possiamo, a questo punto, rimanere prigionieri di questo stato di cose, oppure possiamo anche decidere di superare la paura rendendoci conto, attraverso la riflessione, la lettura, lo studio e tutte le modalità che ognuno di noi sente migliori per sé, che questo è un mondo che non può che essere così, date le premesse storiche, politiche, economiche, geografiche, sociali, culturali, che, attraverso i secoli e i millenni, lo hanno portato fino a questo punto.

Una volta che siamo profondamente consapevoli di questo, possiamo decidere di restare dentro le conseguenze di quelle premesse, oppure di non giocare più quel tipo di gioco, o meglio, starci quel tanto che ci consente di portare a casa un po’ di soldi a fine mese e di svolgere il nostro lavoro meglio che possiamo e basta, perché la nostra anima o il nostro istinto di sopravvivenza, fa lo stesso, è desiderosa di qualche cosa d’altro.

E, nel frattempo, mentre abbiamo ancora un tetto sopra la testa, procuriamoci almeno un cappello e qualche cartone, dato che è proprio possibile che fra non molto tempo andranno a ruba sia i cappelli sia i cartoni.

* * *

La parte più profonda di noi stessi non ha affatto voglia di questa situazione infernale, è proprio nauseata di starci, anzi ne è già uscita da un pezzo.

La nostra anima desidera altri spazi e non certo per fuggire da questa realtà, come dicono alcuni maliziosi rispetto a tutti coloro che intraprendono un sentiero di ricerca della pace interiore, né per crearsi un’illusione, un nirvana fantastico in alternativa all’inferno. No, l’anima vuole altro, perché sa che ha bisogno di un terreno particolare, essendo un fiore delicato, per potersi sviluppare ed esprimere in tutta la sua bellezza e in tutta la sua fragranza. Questo terreno non è certamente quel mondo che ci viene proposto come l’unico mondo reale, dalla storia, dalla cultura e dalla maggior parte degli esseri umani.

A un certo punto ci si sveglia e si sente benissimo che ci sono due realtà parallele, altrettanto vere come pregnanza di realtà: la realtà convenzionale, quella condivisa dai più, quella in cui si sviluppano tutte le nostre angosce, le nostre preoccupazioni, le nostre paure e la realtà di un mondo fatto fondamentalmente di benevolenza, di amore, di amicizia. Sentiamo che quest’ultimo è il mondo di cui ha bisogno la nostra anima. Possiamo forse dire che la nostra anima è meno reale della nostra personalità? I bisogni della nostra anima sono forse meno reali dei bisogni egoici che si sono sviluppati, dentro di noi, da quando avevamo due ore, come età anagrafica, sia per le sollecitazioni premurose di nostro padre e di nostra madre, che per l’assenza delle stesse sollecitazioni?

La nostra anima vuole potersi nutrire di parole buone, di un clima buono dal punto di vista energetico, dove, a volte, non servono nemmeno le parole, ma bastano le presenze dei corpi.

La nostra anima vuole stare in un acquario fatto di pesci buoni, non in una vasca con i pescecani affamati.

Immaginiamoci una grande vasca dove ci sono i pescecani che girano e, a fianco, immaginiamoci un’altra grande vasca in cui ci sono invece i delfini: in quale sceglieremmo di gettarci?

Nel momento in cui ci gettiamo nella vasca dei delfini, c’è sicuramente qualche benpensante che ci viene a dire: “Guarda che la realtà è quella dei pescecani” e noi, allora, possiamo sempre rispondere: “Diciamo pure che i pescecani sono quelli che vivono in un mondo dove mi è possibile avere uno stipendio e li frequenterò fintanto che avrò bisogno di guadagnare un po’ di soldi per vivere. Ma, appena posso, faccio il salto nella vasca dei delfini e me ne sto con loro, perché lì sto meglio”.

Più saremo dentro una visione di questo tipo, più saremo convinti che c’è bisogno di potenziare gli oceani popolati da pesci che si nutrono d’amore. Più saremo convinti di essere, noi stessi, dei pesci desiderosi d’amore e più sentiremo la necessità di donare tutto l’amore che c’è dentro di noi, a chiunque.

Più riusciremo a stare assieme in tanti, superando vanità, orgoglio, competizione, scontro, invidia, gelosia, e più i pescecani, in file ordinate, andranno dal loro dentista a togliersi i denti, perché anche loro, a quel punto, desidereranno fare il salto.

Certo, dobbiamo consolidare una situazione in cui sia molto allettante lo stare nella vasca dei delfini. Per fare questo è necessario esserci tutti, con il nostro cuore, con le nostre doti (di qualunque tipo esse siano), con la mente aperta, con la nostra energia buona che nasce dal profondo bisogno, presente in tutti gli esseri umani, d’amicizia, d’ amore, di condivisione, di comprensione.

* * *

Abbiamo bisogno di una parola buona perché, a furia di non dire parole buone, la bocca diventa storta: se guardiamo in faccia le persone che non dicono mai parole buone, noteremo che hanno sempre qualche deviazione della linea buccale.

Dalla preoccupazione, quindi, può nascere un sano desiderio che propongo di esprimere in questo modo: “Mi sono proprio rotto le scatole di essere un Fantozzi qualunque”.

La differenza che mi auguro ci sia tra noi e Fantozzi è che Fantozzi non crede nell’amore: è semplicemente un mendicante di attenzioni. Quasi tutti, oggi, sono mendicanti di attenzioni e, in quanto tali, non credono nell’amore, perché l’amore prevede spesso di rinunciare a una grande parte di sé: quella che ci fa sentire, sempre, al centro del mondo.

La preoccupazione, se non viene trasformata, è la più potente arma che stanno usando i signori della terra, da sempre, per condizionarci a fare quello che vogliono loro. Ma la nostra anima, fortunatamente, ancora non l’hanno presa a tutti noi, ed è molto importante, oggi più che mai, che le anime di tutte le persone che non si sono fatte catturare, si mettano assieme.

Il tempo ci sarà, perché la catastrofe non è così imminente, anzi posso anche dire che non ci sarà nessuna catastrofe, per quello che può valere la mia previsione. Ci sarà una crescente disumanizzazione, peraltro già in atto, ma sarà fronteggiata proprio dall’insieme di anime che sprigionano un’energia d’amore. Questo, credo, possa essere l’unico modo, non solo per difendersi, ma anche per curare le altre anime che si sono fatte catturare da quel gioco.

La vasca dei delfini, quindi, non è solo il luogo dove fuggire, ma è, soprattutto, il luogo dal quale irradiare amore, per poterlo portare anche nella vasca dei pescecani. Se stiamo tutto il giorno nella vasca dei pescecani, dove lo peschiamo l’amore? Dopo un po’ si esaurisce e abbiamo allora bisogno di nuotare di nuovo nella vasca dei delfini, per poterci ricaricare. Ci riempiamo di energia buona, attraverso le pratiche spirituali, e la diffondiamo intorno a noi.

Certamente qualcuno di noi ha bisogno di pulirsi molto e, prima di poter versare dentro il suo recipiente l’acqua santa, deve eliminare le acque nere. In questo senso, ci può essere bisogno anche di gruppi terapeutici, oltre che della condivisione, della meditazione, e della pratica attiva della generosità sempre più direzionata in iniziative di pace e di consolidamento della pace.

Attraverso queste pratiche ci riempiamo di cose buone, le condividiamo tra di noi e, una volta usciti dalla vasca dei delfini, ci portiamo dietro uno stimolo positivo, un’ispirazione a continuare per conto nostro, rafforzandoci ogni giorno attraverso la preghiera, la meditazione e pratiche di altro tipo che sentiamo buone per noi. Possiamo così espandere questo alone energetico buono, in un mondo in cui, come ben sappiamo, dominano altri tipi di energia.

In un primo momento, i pescecani nella vasca a fianco saranno ferocissimi nei nostri confronti e si scaglieranno contro il vetro che separa le vasche, ma dopo un po’ cominceranno a gironzolare un po’ irrequieti e sentiranno forse anche loro il bisogno di smetterla di azzannarsi.

Sto parlando, evidentemente, dei pescecani uomini, perché i pescecani pesci va proprio bene che siano così, è previsto nell’ordine del creato. Gli uomini diventati pescecani, invece, sono una distorsione di ciò che voleva la loro anima.

È tutto compreso in un disegno ordinato, ma il compito, per qualcuno di noi, è ricordare a questi esseri, che si sono smarriti in una distorsione fondamentalmente odontoiatrica e, quindi, di andare più frequentemente dal dentista. 
 
da Nella vasca dei pescecani, Miten Galvagni

Friday, August 26, 2011

Stamattina qualcuno mi ha fatto leggere....

18 precetti del Dalai Lama

1) Tieni sempre conto del fatto che un grande amore e dei grandi
risultati comportano un grande rischio.

2) Quando perdi, non perdere la lezione.

3) Segui sempre le 3 "R": Rispetto per te stesso, Rispetto per gli
altri, Responsabilità per le tue azioni.

4) Ricorda che non ottenere quel che si vuole può essere talvolta un
meraviglioso colpo di fortuna.

5) Impara le regole, affinché tu possa infrangerle in modo appropriato.

6) Non permettere che una piccola disputa danneggi una grande amicizia.

7) Quando ti accorgi di aver commesso un errore, fai immediatamente
qualcosa per correggerlo.

8) Trascorri un po' di tempo da solo ogni giorno.

9) Apri le braccia al cambiamento, ma non lasciar andare i tuoi valori.

10) Ricorda che talvolta il silenzio è la migliore risposta.

11) Vivi una buona, onorevole vita, di modo che, quando ci ripenserai
da vecchio, potrai godertela una seconda volta.

12) Un'atmosfera amorevole nella tua casa dev'essere il fondamento
della tua vita.

13) Quando ti trovi in disaccordo con le persone a te care, affronta
soltanto il problema attuale, senza tirare in ballo il passato.

14) Condividi la tua conoscenza. E' un modo di raggiungere l'immortalità.

15) Sii gentile con la Terra.

16) Almeno una volta l'anno, vai in un posto dove non sei mai stato prima.

17) Ricorda che il miglior rapporto è quello in cui ci si ama di più
di quanto si abbia bisogno l'uno dell'altro.

18) Giudica il tuo successo in relazione a ciò a cui hai dovuto
rinunciare per ottenerlo.

Bonjour!











Wednesday, August 24, 2011

At last OUR life

Viviamo momenti coccolati da una colonna sonora, forse solo nella nostra mente o anche nella mente di chi c'è accanto in quel momento, che esternamente non si sente. Le orecchie di altri non percepiscono.
Ieri sera, mentre ero distesa accanto a te, la mia colonna sonora era "your hand in my", Explosion in the sky. E sono quasi certa che nonostante tu non conosca la canzone la melodia che avevi in testa era molto simile. Ho gusti musicali un pò "strani"....è stata la prima cosa che mi dicesti quando mi hai conosciuta.

Ammetto le mie intenzioni libidinose, avvinghiarmi a te solo in intimo di pizzo le ha rese molto palesi. Ma devo consegnare un premio speciale al primo uomo in questo universo che mi dice con una mano sul sedere mentre me lo accarezza: "stasera parliamo, ho bisogno di dirti alcune cose e sentire cosa ne pensi".
Il premio UOMO INTROVABILE va a "sei bellissima e desiderabilissima, non prendertela, ma stasera parliamo" che dopo mezz'ora si trasforma in UOMO QUASI TROVABILE "eh, va beh, adesso mi dai un bacio?!?".

Introvabile, trovabile, TROVATO. Spesso rifaccio l'elenco delle idee allucinanti che partorivo tutte le volte che avrei voluto riaverti, quella finta solitudine che vivevo perchè dentro c'eri sempre. Ti avrei voluto anche fuori. 
Ri-vivere quello che avremmo potuto fare, dire.... "ti ricordi?" non ha senso se alla fine riusciremo ad avere una piccola meravigliosa vittoria: AT LAST OUR LIFE.

Monday, August 22, 2011

L'invitation au voyage



Mon enfant, ma soeur,

Songe à la douceur
D'aller là-bas vivre ensemble!
Aimer à loisir,
Aimer et mourir
Au pays qui te ressemble!
Les soleils mouillés
De ces ciels brouillés
Pour mon esprit ont les charmes
Si mystérieux
De tes traîtres yeux,
Brillant à travers leurs larmes.

Là, tout n'est qu'ordre et beautè,
Luxe, calme et voluptè.

Des meubles luisants,
Polis par les ans,
Décoreraient notre chambre;
Les plus rares fleurs
Mêlant leurs odeurs
Aux vagues senteurs de l'ambre,
Les riches plafonds,
Les miroirs profonds,
La splendeur orientale,
Tout y parlerait
À l'âme en secret
Sa douce langue natale.

Là, tout n'est qu'ordre et beautè,
Luxe, calme et voluptè.

Vois sur ces canaux
Dormir ces vaisseaux
Dont l'humeur est vagabonde;
C'est pour assouvir
Ton moindre désir
Qu'ils viennent du bout du monde.
- Les soleils couchants
Revêtent les champs,
Les canaux, la ville entière,
D'hyacinthe et d'or;
Le monde s'endort
Dans une chaude lumière.

Là, tout n'est qu'ordre et beautè,
Luxe, calme et voluptè.


Charles Boudelaire

Sunday, August 14, 2011

Quello che dice la "gente"

"Ci sono cazzi che non verrai mai a sapere, per tutto il resto c'è Facebook", recita una t-shirt vista in una bancarella ad Otranto. In realtà, "tutti quei cazzi che non verrai mai a sapere" sono il perno delle giornate in spiaggia, al mare.
"Quei cazzi"che non verresti mai a sapere a meno che il tuo asciugamano sia piazzato di fianco alle famiglie giuste, quelle dal tono di voce più alto, dai problemi di comunicazione più gravi, dalle vite più intense. Le spiagge più belle del sud Italia durante il mese di agosto sono meglio di una puntata di "S.O.S. TATA" su La7 o qualsiasi altra trasmissione pomeridiana settimanale sulle storie più interessanti (e strazianti) da mettere in piazza. 
La coppia che non parla per quasi tutto il giorno vi farà sentire la coppia più affiatata del mondo.
Il bambino di 6 mesi in spiaggia alle 2 del pomeriggio vi farà venire la tentazione di chiamare Telefono Azzurro.
La famiglia numerosa, 5 figli ed anche i nonni, che mangia l'insalata di pasta fredda "che è leggera" e la parmigiana di melanzane "che è più sostanziosa per nuotare", sotto l'ombrellone, vi faranno amare l'Italia ed il vostro essere italiani.
Le amicizie fra famiglie che nascono perchè vicine di ombrellone daranno il meglio per i vostri "ascoltini": ognuno racconta il meglio della sua realtà, si re-inventa con un vestito ed una maschera che sembrano più decorosi da raccontare e raccontarSI.

Ed io, senza un ombrellone, ma armata di libri, un olio solare, un Vanity Fair, un uomo che odia prendere il sole per troppo tempo sempre nella stessa posizione, una fetta di pane pugliese con un fico maturo... ascolto e mangio quel fico, mettendo in scena anche la mia realtà chiedendo all'uomo che odia prendere il sole con cosa condiremo le friselle stasera e se fosse il caso di fermarsi a prendere un pò di macinato per preparare la torta di carne.