Saturday, January 29, 2011

Sex and the Albinea City

Non so se lo facciano ancora oggi, ma quindici anni fa gli abitanti di Oria, piena Puglia, avevano un’usanza molto simbolica durante la celebrazione del matrimonio: la sposa tagliava un nastro bianco all’uscita di casa, sottobraccio al padre, prima di recarsi in chiesa. L’Anto l’ha tagliato, sorridendo poco, però. Un album pesantissimo, rivestito di pelle, e tante foto di quel giorno, prima che nascesse il Giuse e prima che rimanesse sola (e prima mal accompagnata).
Una cena a casa sua, un venerdì sera non come tanti. Perché i miei tanti venerdì sera sono crollare a letto dopo la prima visione al cinema e qualche pagina letta con un solo occhio aperto. Sfibrate da una settimana di clima ostico in ufficio, la campagna vendite in periodo “non compro niente – ho tutto” deprime e schiavizza, non molliamo: “stasera usciamo”.
Una coincidenza di cose che hanno reso la serata perfetta. L’Ele che regala alla Bacci un’ottima bottiglia di Sauvignon del Friuli, quest’ultima che se lo dimentica in ufficio e lo porta a cena. Vino perfetto in perfetti calici: “eh, me li ha regalati il mio ex datore di lavoro” dice l’Anto. Ma non vendeva prosciutti il suo ex datore di lavoro?
Tagliolini al salmone e torta di carne. Un cibo fatto con affetto, buono come quello della mamma. Volevo lavare i piatti, mi piace molto lavare i piatti, ma in Puglia si usa che “l’ospite puzza solo dopo tre giorni”. Io e la Bacci ancora non puzzavamo. E mentre l’Anto lavava i piatti con i suoi guanti gialli di gomma, la Bacci mi chiede a che età ho fatto l’amore per la prima volta.
Ma fra donne, amiche, si può essere così confidenti? Si. A tal punto che i dettagli sono indispensabili. Come l’elenco delle cose più assurde che si sono fatte per e con un uomo.
E qui ognuna è mito. Perché di cose folli ne sono state fatte. Sopportare, illudersi, sposarsi, sacrificarsi. Ma anche divertirsi. Tanto.

Saturday, January 1, 2011

Cantavano Albano e Romina, Felicità

1 gennaio 2011: un non troppo dolce risveglio, intravedendo una sagoma mascolina dotata di i-phone con la quale illuminava il tragitto verso il bagno, rumore di pantofole mosse attentamente per non svegliarmi. La stessa sagoma che prende forma entrando nel letto con una canzonetta dance anni ’90 emessa dal miglior amico di ogni uomo, ancora l’i-phone, per farmi ridere di primo mattino e farmi l’augurio più dolce per un nuovo anno.
La colazione in cucina col caffèlatte tiepido (la mia nuova rivisitazione del cappuccino che ormai non ha più quel qualcosa di speciale…), mentre leggo una rivista di moda e mentre parliamo delle vacanze estive, il 1 gennaio? “cosa ti piacerebbe vedere o fare che ancora non hai vissuto?” “L’America con te”. Che nostalgia e voglia di rivedere tutto quello che ho vissuto in piena crisi d’identità, da “solista”. Chissà come li vivrei con qualcuno. Forse, non mi appollaierei negli stessi Starbucks di sempre….
Che cosa vorremmo tutti e che cosa stiamo augurando a tutti, ieri, oggi, sempre? Felicità, serenità, gioia.
Parole non di circostanza ma che racchiudono emozioni e stati d’animo reali, anche se “a microdosi”, anche se “incerta e a sprazzi” come mi ripete spesso una cara amica. La mia felicità è improvvisa, la mia serenità è più razionale, perché voluta e cercata.
La mia felicità oggi è stata accendere il camino per farci rannicchiare il cane davanti, mettermi sotto le coperte per leggere ma non riuscirci, perché incantata davanti a quella testolina appena rasata, addormentata, con quell’orecchio perfetto, gommoso e morbido al punto giusto da essere morso, quasi masticato. Ma che non posso mangiare perché non vorrei svegliarlo… così. Ma con una musichetta dance anni ’90 dal mio blackberry.