Wednesday, July 8, 2009

Dove si parla di ciò a cui i più non pensano

Mi domando se sia realmente possibile capire perfettamente un'altra persona.
Anche quando ci sforziamo di conoscere qualcuno mettendoci tutto il tempo e la buona volontà possibili, in che misura possiamo cogliere la sua vera natura? Sappiamo ciò che è veramente essenziale riguardo a quell'altro che siamo convinti di comprendere tanto bene? Era stato circa una settimana dopo aver dato le dimissioni dallo studio legale, che per la prima volta in vita mia mi ero posto sul serio queste domande; fino ad allora non avevo mai preso veramente a cuore tali problemi. Chissà come mai. Forse ero già troppo impegnato nel faticoso compito di dare stabilità alla mia esistenza. Ero troppo occupato a pensare agli affari miei.
[...]
Quella notte, sdraiato di fianco a Kumiko nella camera da letto a luce spenta, guardavo il soffitto e mi chiedevo che cosa in realtà sapessi di quella donna. L'orologio segnava le due del mattino. Lei dormiva profondamente. Io nell'oscurità pensavo ai fazzoletti di carta celesti, alla carta igienica a disegni, alla carne cucinata coi peperoni. Per tutto quel tempo l'idea che lei non li potesse sopportare non mi aveva mai sfiorato. Il fatto in sè era un dettaglio senza importanza, una sciocchezza da liquidare con una risata. Non era un problema per il quale fare tanto baccano, nel giro di qualche giorno avremmo dimenticato quella stupida lite.
Eppure a me quella faccenda non andava giù. Mi faceva sentire a disagio, come una spina di pesce che si è fermata in gola. Perchè poteva anche trattarsi di qualcosa di essenziale. Anzi, sicuramente lo era. Poteva darsi cioè che quello fosse solo il segnale di un problema molto più importante, vitale. Magari mi trovavo sulla sogliadi un mondo esclusivo di Kumiko, a me sconosciuto, che si dilatava al di là. Me l'immaginai come una vastissima stanza buia, dentro alla quale io mi trovavo con un piccolo accendino in mano. Ma alla fiamma dell'accendino se ne poteva vedere solo un angolo.
Chissà se un giorno sarei stato in grado di conoscerla tutta, quella stanza. Oppure sarei invecchiato senza esplorarla fino in fondo, e poi sarei morto. In tal caso, che senso poteva mai avere quella vita matrimoniale? Che senso poteva quindi avere la mia vita, poichè vivevo e dormivo nello stesso letto con una persona che non conoscevo?

Da "L'uccello che girava le viti del mondo", Murakami Haruki

Friday, July 3, 2009

Paccasassi

Il Monte Conero nasconde numerosi tesori. Portonovo è uno di questi.
Morena, anconetana d’origine, vuole farmi vedere la parte più delicata e poetica della sua città. La spiaggia di Portonovo. Scendiamo in spiaggia per cena, al momento del tramonto. Proprio durante “mosciolandia”, quando la spiaggia è invasa da tavolate ed avventori di piatti a base di cozze cucinate appena pescate (i moscioli ad Ancona sono le cozze).
Ceniamo da “Il moro” ed il mio pregiudizio verso le ostriche svanisce: devo averle mangiate non proprio fresche in passato. Assaggio un’insalata di crostacei ed erbette, dal sapore un po’ forte ed amarognolo. Morena sorride e mi confessa “sono i paccasassi”, erbette che crescono soltanto sul Monte Conero, che dovrebbero essere protette in quanto non estirpabili. Ma troppo saporite e buone. Vengono cucinate col pesce più dolce, di norma i crostacei, per il contrasto che si crea tra dolce ed amaro.
Morena ha portato con sé il costume, un bagno a tarda serata potrebbe essere una buona idea, mi dice. Peccato io NO e non abbia ancora la giusta dose di follia per poterlo fare senza.

Thursday, July 2, 2009

Aòh

Mi raccontavano che fino a pochi anni fa le zone dell’entroterra marchigiano fossero molto ricche. Ricche di medie-grandi aziende che davano lavoro a centinaia, migliaia, di persone originarie del luogo e non solo. Poi arrivò la tanto famigerata “crisi economica”, la diminuzione del lavoro, la cassa integrazione, la diminuzione della moneta circolante: si compra sempre meno. Presente e futuro a breve termine comune ormai a tutta Italia.
Mi raccontavano che l’Umbria sarebbe stata, invece, terra di concretezza e poche parole, almeno poche lamentele. Sponsorizzata a fini turistici, da sempre, come “polmone verde d’Italia”, dovrebbe essere decantata come “regione dello spirito”. Spirito è ciò che ogni cosa, qui, ha e che ogni persona di questa regione mette nelle cose che fa. Spirito che diviene forza, cortesia, disponibilità, sincerità e pragmatismo.
Ricorderò Bastia Umbra perché sorprendente paese a pochi chilometri da Perugia che mi ha riservato una splendida sorpresa. “Forme”, negozio di scarpe in via Roma, adocchiato subito al mio arrivo da lontano. La vetrina parlava di me e di quante scarpe avrei potuto avere, avrei voluto provare. Risultato: un paio di sandali con plateau di pelle viola marchiati
Pura Lòpez.
Seguendo la statale che porta ad Assisi, a S. Maria degli Angeli “Da Elide” (via Patrono d’Italia, 48) ho tratto la stessa soddisfazione per il mio palato quanto da Forme per la mia “mania” delle scarpe.
Quanto è bella Narni! Entrare in paese sotto uno stretto arco romano a senso di marcia alternato prelude un’immersione nella storia, quasi una propria dimensione remota dispersa fra colline sempre più verdi. La vicinanza al confine col Lazio si sente, dalle parole della gente e dai loro modi accomodanti ma quasi sgraziati. “Scusi, questa bistecca è un po’ troppo cotta, l’avevo chiesta al sangue” “Aaahò, eh, sarà scappata la cottura, è talmente sottile staaaà fettinaaa”. Pranzare poco fuori Narni, verso Testàccio, sarà proprio come pranzare nei dintorni di Roma.
Il viaggio di ritorno verso Ancona è stato troppo veloce. Scorgere Spoleto alla mia sinistra all’improvviso è stata un’ingiustizia. Vederla così bella, lucente e non potermi fermare un attimo per viverla da dentro, anche solo per un caffè seduta in un baretto del centro, il mio rimpianto. “C’è solo da tornà”.

Wednesday, July 1, 2009

I girasoli ed i lampi di follia

Quando vivo giornate con vento a favore diventano le giornate migliori della mia vita. Non ho ancora vissuto la giornata più bella della mia vita perché ne ho avute tante. Vorrei averne moltissime. Me le ricordo tutte, quasi. Sono, spesso, costellate da frangenti semplici, sia da vivere sia da mettere in atto.
Amo luglio, forse perché ci sono nata, come amo il venerdì, perché il 30 luglio del 1982 era un caldissimo venerdì di fine luglio. Potrei azzardare un’ennesima spiegazione: adoro il primo mattino, l’alba: sono nata alle 7.00 precise di un caldo venerdì mattina di pieno sole. Credo che questa sia, però, meno plausibile.
Il “mio” luglio 2009 me lo sento già dentro: intenso e folle. Impegnativo ma birichino.
Ore ed ore di diplomazia e dialettica: questo lavoro l’ho pur scelto. E mi piace. Dà quella sottile soddisfazione che mi rende elettrica: non ci si “adagia sugli allori” perché piace l’idea di ottenere sempre “meglio”, imparando pian piano come ottenerlo.
Guidare sull’A14 verso Ancona è diventata una pausa di relax per me, da quando le colline verdi si sono trasformate in colline gialle e viola. Dopo aver superato l’uscita di Senigallia, l’autostrada è un serpente che si dimena fra campi accecanti di girasoli ed intere colture di lavanda. Peccato che sia sempre sola e debba guidare. Mi piacerebbe “appendermi” al finestrino dell’auto e contare tutti quei meravigliosi rustici, vederne sempre di più belli e dispersi sulle cime delle innumerevoli colline che pian piano spuntano ai lati della strada.
1 luglio 2009, mattina: mi convinco di preferire i campi di girasole ai campi verdi o di grano.
1 luglio 2009, pomeriggio: fuggire dal DOVE DOVEVI ESSERE per andare nel DOVE VORRESTI ESSERE non ha prezzo, anche senza Mastercard. Andare in spiaggia all’ultimo minuto per alcune ore di sole ed un bagnetto di fianco “alla Rotonda sul Mare” vale bene il rischio di una telefonata di lavoro, con possibile sottofondo di onde e grida dalla mia parte, mentre il tuo unico pensiero è “mi metto a pancia in su altrimenti mi scotto la schiena”.