Friday, February 13, 2009

Moda

Sono nata a Parigi e cresciuta nel comune di Antony, un sobborgo a sud della città, cosa vuoi che ne sapessi di moda? Dalla professione dei miei genitori, restauratori d’arazzi, ho imparato disegno, geometria e senso estetico. Ecco perché ho creato il ragno, una delle mie opere più significative, che simboleggia la pazienza del tessitore. Mia madre è sempre stata la mia migliore amica, una donna straordinaria, che mi ha insegnato l’amore per l’arte, ragion per cui nei miei lavori troverai sempre il mistero delle relazioni umane.
Grazie ai miei genitori, arte, moda, eleganza e simmetria sono andate sempre di pari passo. Entrambi avevano una passione per la moda che mi hanno saputo trasmettere, viziandomi in una gara a chi mi comprava vestiti più belli. L’amore per la geometria, per Léger e il simbolismo degli arazzi mi hanno insegnato che tutto si può rammendare, soprattutto se riletto in chiave di disciplina filosofica. Perché, citanto Yves Saint Laurent, il rammendo nasce dallo “stesso processo creativo di uno stilista. Forme sinuose, precisione rigida e filosofia del vivere”.
Da ragazza vestivo Chanel, lei ha cambiato il destino non solo della moda, ma di tutte le donne. Nel ’38 ho sposato uno storico d’arte americano con cui mi sono trasferita a New York e qui ho scoperto che il modo in cui ti vesti e come porti i vestiti che indossi definiscono non solo la tua personalità ma anche quel che vuoi rivelare o nascondere agli altri, e la cosa è stata per me un po’ come l’abbiccì della moda.
I vestiti sono l’estensione del nostro carattere, rappresentano il potere di essere noi stessi, e per trovare il nostro stile dobbiamo imparare a piacerci.
I tessuti fanno parte della mia arte da sempre. Ma non si possono fare paragoni tra arte e moda: l’arte è una creazione che non conosce né tempo, né confini, al contrario della moda. Creo perché sento la necessità di esprimere un sentimento, e anche se all’inizio non so bene quale sarà il risultato, è un processo irreversibile che non riesco a fermare finchè non ho fatto uscire tutto quello che sento nel mio inconscio. Per poter esprimere le nostre emozioni dobbiamo sapere ascoltare ed essere ispirati dai risultati. Lavoro ogni giorno, tranne la domenica, quando apro la mia casa studio a giovani artisti, amici, scrittori e galleristi per poter scambiare esperienze. “I get as much as I give”.
I miei vestiti preferiti sono di Helmut Lang, Prada e Agnes B. Ho un bellissimo cappotto di finta pelliccia bianca, regalatomi da Helmut Lang, che mi piace indossare ogni tanto e, anche se non esco mai, mi fa sentire bene.
Penso che i vestiti siano essenziali, perché ci danno la possibilità di ricordare episodi importanti della nostra vita, riattivano la memoria, così come i colori, la musica e gli odori. Ho un vestito a cui tengo molto, creato e dipinto da me, che indossai quando mio padre venne a trovarmi a New York all’inizio degli anni Cinquanta. Fu una serata memorabile, anche se i rapporti tra noi sono sempre stati difficili. È uno dei miei portafortuna. Futuro? Non ho nessuna idea sul futuro della moda, io mi vesto sempre uguale, per qualsiasi occasione, maglietta bianca, gonna nera e scarpe da ginnastica.

Louise Bourgeois, quasi centenaria papessa dell’arte contemporanea mondiale

Wednesday, February 11, 2009

Tu cosa ne pensi?

Ho come la sensazione, ultimamente, che mi stiano testando come futura moglie. La domanda è sempre la stessa: “e tu cosa ne pensi?”, gli argomenti diversi e di una certa importanza e gravità.
Immagino voglia vedere se la penso come lui, se sono realmente dotata di quella famosa intelligenza e sensibilità che millanto da sempre, eccedendo, tempo fa, nel periodo del corteggiamento per attuare la mia porca figura.
I panni sporchi altrui lavati in pubblico sono il mezzo migliore per prendere spunto sugli argomenti su cui testarmi: “tu cosa faresti? Tu cosa ne pensi?”
Risposta esatta con standing ovation significa aver raggiunto il punteggio pieno: lui la pensa come me, o meglio, io la penso come la dovrebbe pensare la sua donna.

Un gioco da ragazze

I cinema più tetri, piccoli e fuori mano sono quelli in cui mi gusto di più le visioni. Sarà che il pane quotidiano di questi cinema, ormai, sono i film da rassegna, quelli più intellettuali, difficili da comprendere ed a volte anche da sopportare. E questi tipi di film sono i miei preferiti.
Nessuno risponde SI con entusiasmo quando propongo un film in rassegna con l’aggravante del cinema “sfigato”. Tranne Monia.
Il “si” della Mo è perfino entusiasta.
Martedì sera scorso alle 20.50 lei è salita sulla mia macchina, alle 20.55 stavo parcheggiando la macchina nell’unico posto anti-stupro: davanti all’entrata del cinema. 20 metri illuminati da percorrere mi sembravano ragionevoli.
Un gioco da ragazze era il film in programmazione che a Monia è piaciuto tanto e a me ha scioccato.
Non è proprio il filmetto alla Muccino in cui vengono ritratte le giornate di giovani baciati dalla fortuna, famiglia ricca, belli, con nessuna mutilazione se non mentale. È un film dalla buona sceneggiatura, ottima fotografia e dalla trama quasi scontata ma dalla morale per nulla scontata.
La storia di una ragazza strafatta di ecstasy e di sindrome da onnipotenza e strafottenza. Circondata da amiche lobotomizzate che si lasciano manovrare a suo piacimento pur di avere la sua stima ed essere nel suo raggio di vita, la protagonista trascorre le giornate sfogliando riviste di moda, facendo shopping, chattando e guardando video su you-tube, non mangiando per rimanere la più magra, insultando e falciando ogni ostacolo sul suo percorso insano alla vuota gloria, che siano persone, che siano cose. La sera, ecstasy e sesso nei bagni dei locali.
Tutto questo per noia, per l’onnipotenza che si respira oggi fra le nuove generazioni e che li rende lo specchio di ciò che sono i nuovi diktat: emergere, per qualsiasi motivo, ma emergere. Apparire, in qualsiasi modo, ma apparire.
Il mio ottimismo ne ha risentito, la realtà che traspariva è il motivo del mio shock.

Siamo donne, oltre alle gonne c’è di più

La settimana scorsa la mia tabella di marcia prevedeva quattro giorni di corso base alle “commesse”, più formalmente e correttamente “responsabili di vendita” (“rdv” per chi rimane sempre sul pezzo), provenienti da tutta Italia, dei nostri (mi sento molto “donna-azienda”) negozi monomarca e corner. Otto ore di corso per quattro giorni sono 32 ore totali, 4 pranzi insieme ed una cena di commiato valgono altre nove ore. Circa 40 ore ravvicinate con molte donne, di differenti età, dai 19 ai 53 anni, differenti origini ed abitudini, differenti generazioni, ma stesse esigenze. Essere ascoltate.
È sorprendente l’alchimia che pian piano si instaura in un gruppo di donne dopo aver rotto il ghiaccio il primo giorno. Dopo i racconti più soft delle prime ore di conoscenza, quelli più hard, dopo un bicchiere di vino a cena, diventano esilaranti dalla mimica e dall’intensità con cui vengono proposti. Le donne amano farsi ascoltare, anche e soprattutto da altre donne. Per far ridere delle loro sventure, per far commuovere per le loro pene, semplicemente per essere per un po’ al centro dell’attenzione.
Anna ha raccontato di quanto fosse stato doloroso separarsi dal marito e rimanere in ottimi rapporti d’amicizia con quest’ultimo per il bene delle due figlie. Rideva della sua incapacità, nonostante gli “anta” ormai passati, di fare le lavatrici: i capi assumono colori diversi ad ogni lavaggio.
Deborah ha confessato di non riuscire ad essere fedele: “sono del segno dei pesci, le donne pesci non sono fedeli, proprio non ce la fò”. Teorizza la soluzione tra moglie e marito: due letti, due stanze, “quando si vuole fare cose uno va nel letto dell’altro, poi ognuno dorme nel suo”. Da farci un pensierino…
Morena mi tempestava di domande, se il mio colore di capelli fosse naturale, sul come ero riuscita a farmi assumere in quel ruolo dall’azienda, sul come facessi a lavorare così tanto ed a “tenermi uno straccio di uomo”. Semplice, “posto giusto al momento giusto” (detta botta di culo) e “lui lavora quanto me, non sono l’unica stacanovista” (seguito da sorriso finto, conscia del vedere il proprio uomo troppo poco per causa mia e non di entrambi).
La palestra è una buona alternativa al sesso per sfogare lo stress quotidiano del lavoro: “se si ha la materia prima a casa è inutile andare in palestra e perdere tempo. Molto meglio lo sport insieme”.
Mi sto invaghendo delle donne, vederle sempre più da vicino e sempre così diverse fra loro mi da fiducia nel prossimo-rosa: stiamo diventando un’ottima squadra. La solidarietà e la complicità femminile esiste, dove non c’è superficialità ed invidia.

Domenica è sempre domenica…ma il lunedì…

Stranamente oggi mi sono alzata di ottimo umore. Stranamente perché “i lunedì” sono per me molto difficili, irritanti e poco stimolanti. Ma stamattina, al mio risveglio, schivando i cani che stanotte insistevano per dormire in camera, stanchi della loro comune solitudine sul pianerottolo delle scale in agguato per un’attenta guardia, ho aperto la finestra della mia camera, 6.30, ed ho intravisto una luna quasi all’orizzonte, enorme, dalla luce pallida ed insolita. Ho preso la macchina fotografica dal cassetto, ho scattato una foto. Ed ho pensato che potrei e dovrei investire una discreta somma in una macchina fotografica digitale un minimo professionale, di quelle con l’obiettivo bello in vista, grosse, pesanti, che fanno molto “appassionato ed esperto”.
Mi sono diretta in cucina con cani al seguito, ho acceso la macchinetta del caffè, dato qualche noce ed un po’ di latte ai cani, ed ho aperto ancora un’altra finestra. Da questa si intravedeva un’alba serena, senza nuvole, dal cielo limpido e dalla forza quasi primaverile.
Non so se un buon lunedì mattina dipenda da una buona domenica, almeno una buona domenica sera. O forse da piccoli elementi naturali che agli occhi dei più attenti e sensibili non possono che essere un buon punto di partenza.
Altrettanto stranamente il mio viaggio in macchina verso l’ufficio non è stato radio-compulsivo. Una sola stazione, RADIO 105, per tutti i 35 minuti. “Marco Gallooooosss, Marco Gallooooossss, Il lungo, il corto ed il nnnnaaaaasoneeeee, non usano le pistole perché lo sceriffo non vuole. Pbm2!!!” Quasi quasi un mattino voto anch’io tra le 3 canzoni da mandare in onda, mi faccio richiamare e con voce scattante rispondo: “pbm2!!!!” “Ma ciaooo, chi sei?” “Ciao, sono Allefer (segue risata da cornacchia contenta)”.
Ho riso guidando. Ma non solo per l’ascolto del mio nuovo programma preferito del mattino. Anche per il ricordo della buona domenica sera, che quindi conta per un buon lunedì mattina.
Come tutte le ricette, seguire bene le dosi ed aggiungere tutti gli ingredienti sono alla base di una buon riuscita. Il lunedì mattina e, a sua volta, la pizza della domenica sera. Che non era solo impasto, mozzarella, pomodoro e TEGAMINO, ma anche le parole che aspetti giorni e giorni per poter dire. Ed a chi.

Sunday, February 8, 2009

Da "La fine del mondo e il paese delle meraviglie" Murakami Haruki

"quando una persona decide di perseguire un risultato,le viene naturale considerare tre cose: quanto ha già conseguito? A che punto si trova? Cos'ha ancora da fare? Se questi tre parametri vengono meno,restano solo la paura,la mancanza di fiducia in sè e la spossatezza."

Senta,ma ... Visualizza altroé davvero stanco? - Si,stanco morto, -dissi. Ero tanto spossato che avrei potuto ripeterglielo una ventina di volte. -Cosa si prova, a essere stanchi? - chiese la ragazza. - Le emozioni si offuscano,in molti modi. Autocommiserazione,collera nei confronti degli altri,commiserazione per gli altri,collera nei confronti di se stessi...questo tipo di sentimenti,insomma. -Non ne conosco neanche uno. -Si finisce col fare una confusione tremenda. Come quando si fa girare una trottola di tanti colori. Piú gira veloce più la separazione tra un colore e l'altro sfuma,tanto che alla fine ne formano uno solo.

Come il vino (di buona annata, però..)

“Stavamo tutti invecchiando. Era una cosa evidente come la pioggia che cadeva.”

La mia nuova lettura, o meglio, il libro che da un mese riposa sul mio comodino è pieno di considerazioni, frasi e pensieri molto intelligenti ed interessanti. La fine del mondo e il paese delle meraviglie di Murakami Haruki. Peccato il mio poco tempo, anzi, la mia palpebra pesante ogni sera sotto le coperte.

Ho cominciato a riflettere sul tempo che trascorre inarrestabile dopo aver attraversato il primo quarto di secolo.

E pian piano affino anche il modo di riflettere sul trascorrere del tempo.

Mi soprendo nell’essere soddisfatta del mio buon invecchiamento. Mi sento un vino rosso siciliano fermo. Di ottima annata. Ancora non troppo invecchiato.

I segreti di un buon vino sono molteplici, ma tutti della stessa importanza.

La tipologia della vigna: seme forte, dai chicchi succosi e di aroma intensa. Si nasce o si diventa caratterialmente forti? Forse dipende dal seme…

I miei due semi sono molto forti, genitori dalla tempra d’acciaio.

Il terreno giusto: ogni tipo di vigna necessita di un terreno diverso, argilloso, sabbioso… Scegliere l’ambiente migliore in cui inserire il proprio “esserino vivente e pieno di aspettative” è frutto di una maturazione, spesso lenta e non sempre solo piacevole.

Il clima: inverni troppo freddi, troppo piovosi, tempeste primaverili\estive con vento e grandine rovinano la buona riuscita di un’ “ottima annata”. Ma le ottime annate sono rare, altrimenti sarebbe scontato e comune il buon vino.

Ed un “clima pessimo” rovina buona parte delle proprie personali annate, ma migliora le rare ottime annate, quelle che arrivano inaspettate, forti ed intense, capaci di soprenderci proprio nei momenti più disillusi ed increduli.

Sorprendermi di me stessa ultimamente accade di frequente. Mi sorprende l’essere conscia del bene che mi abbiano fatto i momenti e le persone più difficile e negative.

Sorridere ripensando agli uomini “sbagliati” non è da tutti: sceglierseli “con il buco” non è un caso, ma una necessità. Quella di trovare il peggio di noi in loro, per poterlo correggere SOLO in noi stesse però. La storiella della donna-crocerossina è roba vecchia ormai.