Thursday, June 25, 2009

A pain that I'm not used to


Era il 1990. Era l’album Violator. Era il singolo Enjoy the silence. Mtv, martedì pomeriggio al ritorno da scuola. Era il video più bello che avessi mai visto. Era un’anteprima di ciò che sarebbe stata la mia vita: di buon passo, con sdraio al seguito per potermi fermare e sedere a piacimento, dove e quando ne sarebbe valsa la pena.
L’immersione della mia quotidianità e del mio sentire nei loro testi.
Era giovedì sera, 18 giugno, Milano. Il primo concerto dei Depeche Mode a cui riesco ad essere. Non sono stata ferma, non sono riuscita a non cantare nonostante l’ugola non proprio d’oro. Ma andava vissuto così.
25 novembre 2009, il prossimo loro concerto che non mi perderò.

Sunday, June 21, 2009

Dove andare

Wonder Boy è un film uscito nel 2000 che parla delle scelte. Quindi, che parla della vita. La vita vissuta è quella piena di scelte, quella che non si lascia scorrere e si guarda evolvere da lontano, ma quella in cui si decide di essere protagonisti.
Michael Douglas è un uomo confuso, docente di letteratura e scrittore, che scrive perché non riesce a fermarsi. Scrive di ortodonzia equina, in un libro che dovrebbe essere un romanzo e narrare di tutt’altro, perché non riesce a fare delle scelte: non riesce a scegliere che cosa sia importante da raccontare. I suoi racconti come la sua vita.

Nessuno insegna niente ad uno scrittore. Tu gli dici quello che sai. Gli dici di trovare una sua voce e di restargli fedele. Dici a chi ce l’ha di tenere duro ed a chi non ce l’ha di tenere duro lo stesso, perché è l’unico modo di arrivare dove vogliono. Naturalmente è meglio se qualcuno sa dove vuole andare.
Quanto a me, ho perso tutto quanto: mia moglie, il mio libro, il mio lavoro. Tutto ciò che ritenevo importante. Ma finalmente sapevo dove volevo andare. Ed ora avevo qualcuno che mi dava una mano ad arrivarci.

A misura di tacco: Treviso

Da quando “Radio” lavora per noi ogni centimetro quadrato veneto e friulano non ha più segreti. Da poco più di due mesi, ogni mia visita nelle sue terre di origine è un’immersione nella storia e nella tradizione triveneta, come se mi trascinasse dentro ad un documentario della famiglia Angela e me lo facesse condurre a fianco di Piero o Alberto.
“Radio” è il nomignolo datole da una mia collega, perché Ele parla veramente tanto e di qualsiasi cosa. La curiosità è la molla della sua sete di conoscenza. I suoi studi universitari in Conservazione dei beni culturali l’opportunità in più per conoscere qualsiasi aspetto storico dell’Italia.
Quel giorno indossava delle ballerine in gomma blu di Marc Jacobs, “finchè non ci sono clienti sto comoda”, sotto un paio di jeans chiari, valorizzati da un foulard Hermes utilizzato sotto i passanti come cintura.
Avevamo un appuntamento nel primo pomeriggio a Conegliano: a pranzo voleva farmi assaggiare la cucina del bar Manin, in pieno centro a Treviso, città in cui si è trasferita, da Pordenone, prima per lavoro, poi si è convinta per amore. All’arrivo in città, estrasse dalla sua auto un paio di decollète beige di Chloè: “con i clienti metto il tacco, per essere un po’ più formale”. Motiva sempre ogni sua scelta ed azione. Non per giustificarsi, ma per sottolineare, a sé in primis, che dietro ogni gesto c’è una logica.
Capii perché calzasse sempre scarpe dal tacco largo, robusto, mai a stiletto. Perché il centro di Treviso non conosce asfalto ma solo sampietrino, ovunque.
Capii perché si trasferii e scelse questa città: delicata, dai colori pastello e poetica. Ogni scorcio è un verso, tanti versi insieme che compongo una città che è una poesia.
Capii perché volle portarmi in quel bar, di proprietà dell’amore che l’aveva convinta a rimanere e della sua famiglia. Perché appena entrate ci fecero sentire come parte della famiglia, io compresa che ero solo una collega, mai vista prima e, forse, che mai vedranno ancora.
Mi fece camminare al suo fianco sotto l’afa crescente del primo pomeriggio, guardando i miei sandali e complimentandosi per aver avuto il sesto senso, quel mattino, di indossare scarpe dal tacco largo, altrimenti mi sarebbe stato impossibile camminare nelle viuzze del centro storico.
Mi raccontò che Treviso fu bombardata pesantemente durante la seconda guerra mondiale, andando in larga parte distrutta, e che il bombardamento del 7 aprile 1944 altro non fu che un errore degli americani, che vedendo una città ricca di corsi d’acqua come Treviso pensò fosse Venezia, il loro obiettivo. Ferme in Piazza Indipendenza mi indicava con una mano l’entità del restauro di Palazzo dei Trecento, che fu ricostruito lasciando i segni di ciò che era andato distrutto.
Mi accompagnò nel quartiere delle Pescherie: qui ogni mattina all’alba si tiene il mercato del pesce appena pescato.
I canali d’acqua sono la fonte del “rumore” del centro città: lo scrosciare continuo è l’unico suono che a lungo andare potrebbe innervosire. Unico, perché i tacchi “giusti” sul pietrino non fanno tic tac, non emettono quel rumore fastidioso che produce l’asfalto.

Saturday, June 13, 2009

Growing up

Crescere vuol dire avere il coraggio di non strappare le pagine della nostra vita ma semplicemente voltare pagina. Crescere significa riuscire a superare i grandi dolori senza dimenticare. Crescere significa avere il coraggio di guardare il mondo e di sorridere. Crescere significa guardarsi indietro e abbracciare i ricordi senza piangere. Crescere è saper distinguere la realtà dai sogni. Crescere è sapersi rialzare dopo una brutta caduta. Crescere... non tutti hanno voglia di crescere... forse perché sono consapevoli delle difficoltà che incontreranno crescendo...
Jim Morrison

Saturday, June 6, 2009

La verità la sanno quelli come Walter Bishop


Lunedì 1 giugno non ha smesso un attimo di piovere. Nemmeno a Riccione, nemmeno “a casa del sole, mare, piadina”. Nemmeno all’hotel Margareth.
Ho trascorso due giorni di relax al mare, peccato il poco sole e la tanta acqua.
Lunedì 1 giugno è scomparso un aereo con a bordo 228 persone, decollato da Rio de Janeiro diretto a Parigi. In pieno Oceano Atlantico si sono perse le tracce del velivolo e non si sono, ancora ad oggi mentre scrivo, ritrovati resti del disastro, né vittime né rottami. L’aereo è, comunque si voglia descrivere l’accaduto, scomparso.
Tutto ciò mi ha sconvolto e coinvolto fin da subito, per la mia dannata paura di volare (suona come un marinaio che ha paura dell’acqua e di nuotare, visto che ho sempre volato tanto e sempre senza aiuto di calmanti, FIN’ORA) e per la mia passione in tutto ciò che è mistero e paranormale.
Si, perché si tratta di qualcosa di misterioso e che ha, nelle sue vere cause e spiegazioni, qualcosa di paranormale.
Ancora una volta, spiegazioni ufficiali da creare, inventare, o troppo banali o troppo assurde, per nascondere una verità troppo scomoda, troppo difficile da “credere” e da digerire. Un’apparente serenità collettiva da preservare.
La visione del telefilm americano Fringe cambia molti punti di vista. Conoscere Walter Bishop crea in voi stessi la dannata voglia di dare una spiegazione scientifica a tutto, anche all’assurdo.
Si dice che buona parte del materiale per la sceneggiatura della serie sia reale, non inventato ed accaduto.
Lo scienziato Bishop avrebbe già risolto il caso: esiste una dimensione parallela alla nostra a cui è possibile accedere difficilmente. Per accedere alla realtà parallela si dovrebbe creare un varco temporale, una sorta di buco “bianco” in cui entrare, generabile nell’atmosfera grazie a particolari condizioni meteorologiche, una certa densità delle particelle nell’aria e quant’altro. Qualsiasi cosa venga risucchiata dal “buco bianco” viene trasferita nella dimensione parallela. Scientificamente è stato provato che le correnti atmosferiche generate sul famoso triangolo delle Bermuda possano essere efficaci nell’apertura di un “varco dimensionale”. Aerei e imbarcazioni svaniscono da sempre senza lasciare tracce proprio nell’area del triangolo delle Bermuda.
Un temporale, vento o qualsiasi altra condizione atmosferica\meteorologica potrebbe aver causato l’apertura di un “buco bianco” e la segnalazione automatica inviata dall’aereo potrebbe essere stata innescata da un improvviso sbalzo elettrico ed energetico del velivolo e dell’atmosfera in cui si stava addentrando.
Un grosso lampo di luce bianca è stato visto circa nel momento dell’effettiva scomparsa da un pilota su un altro velivolo che percorreva la stessa tratta.