Wednesday, December 30, 2009
L'uomo Donna
Thursday, December 24, 2009
Cose sporche
"Dimmi cose sporche", era la richiesta che odiavo più di tutte. La prima volta fu davvero difficile farlo. Avevo la mente completamente vuota e, se me lo chiedevano nel bel mezzo di un rapporto sessuale, questa richiesta mi distruggeva la concentrazione. Mi congelavo e il cuore mi sprofondava nelle viscere. Semplicemente, non sapevo che cosa dire. Cosa diavolo dite voi? Scoprii che guardare dei film porno un po' mi aiutava a prepararmi a situazioni come questa, ma mi ci vollero mesi di lavoro nel bordello per arrivare a sentirmi a mio agio e non in preda a una risatina isterica quando dicevo: "Forza, dai ragazzo, scopami più forte! Più veloce!", e tutte le altre battute idiote che possono venire in mente. Mi aiutava ripetere frasi di questo tipo di continuo ad alta voce, forte e chiaro, alcune volte persino davanti allo specchio. Ben presto smisi di sentirmi imbarazzata ma impiegai molto più tempo a far mia questa cosa rispetto a ogni altra tecnica imparata in quel periodo.
Al pari del parlare sporco c'era anche la solita vecchia domanda: "Qual è la cosa più perversa che tu abbia mai fatto?"
Adesso, cos'è che una persona normale può definire perverso? Questa domanda mi lasciava sempre interdetta. non voglio sembrare blasé ma, quando hai fatto così tante cose bizzarre e meravigliose, qual è la definizione di perverso? Nel mio mondo, dopo un po' anche le oscenità più macroscopiche finiscono per diventare routine!
Ditemi. Essere ammanettata alla sbarra di una barca è più perverso che colpire un avvocato con una bacchetta? Magari con lui vestito con biancheria rosa tutta pizzi e merletti? Uno spettacolino lesbo è più perverso che sodomizzare un uomo con un pene finto? E cosa ne pensate di vestirsi di lattice dalla testa ai piedi? O di un'orgia? La lista è infinita: allora qual è la cosa più perversa che io abbia mai fatto?
Parrocchiane, gentil sesso facilmente impressionabile e perbeniste (anche se solo d'apparenza), astenersi dalla lettura di FUCKING GIRL, di Miss S..
Ammetto di averlo letto tutto d'un fiato e di aver fantasticato parecchio sulle scene narrate, durante i miei sogni notturni (e anche diurni).
Tuesday, December 22, 2009
Ricordi nella neve
Incorruttibile, è l’unica che riceve un pensiero natalizio dai clienti. Non dovrebbe accettare nulla, dice, ma intanto sorride soddisfatta.
Ha vissuto un periodo decoupage notturno, in cui fabbricava chincaglierie per l’ufficio e non solo: non riusciva a dormire, la notte aiuta a pensare, soprattutto se si lavora con le mani.
Oggi in pausa caffè mi ha raccontato il suo ricordo più bello. Sotto la neve. La sua mano nella mano di suo padre, bambina all’uscita dalle prove di una recita scolastica. Una passeggiata silenziosa in tarda serata, sotto una miriade di fiocchi di neve e l’immagine più forte nella sua memoria: solo le sue piccole orme e quelle enormi di suo padre, girando la testolina indietro.
Sabato ho corso a perdifiato nella neve alta, giornata glaciale ma con uno splendido sole.
Non avevo mai fatto l’angelo nella neve prima, ho mollato ogni freno. Bambina per pochi secondi, forse per due minuti nella neve. Avrei prolungato l’attimo se non fosse arrivato Lupobilly desideroso di sdraiarsi in un’ala dell’angelo da me tracciata, leccandomi la faccia. Quel cane testardo mi ha reso quel momento magico.
Tuesday, December 15, 2009
Parola d'ordine: cattiveria
Nello sproloquio di ognuna sulle proprie esperienze in fatto di uomini e relativa situazione attuale, disastrosa, baciata dalla fortuna o inesistente, una sola verità: non se ne può fare a meno.
Solidarietà femminile: esiste, ma solo in pochissimi casi. Vera amicizia, unite contro lo stesso nemico, unite contro la razza maschile.
Ed è soprattutto contro questo “essere” incomprensibile e dalle poche funzioni vitali che ci si unisce per consigliare, aiutare, spronare, inducendo la “compagna di guerra” in difficoltà a combattere con quelle armi che si pensa di non poter avere o di non poter usare.
Dotazione per la soldatessa: un po’ di sana cattiveria (leggi “fare la stronza”).
Del perché questa sia l’arma sempre scarica e più inefficace non se n’è parlato. Ma era sottinteso.
Thursday, December 3, 2009
Na' camurria
Thursday, November 26, 2009
Again and again
Ce l'ho fatta, pogare su Personal Jesus cantato dai Depeche davanti a me era un sogno, non per tutti...
La mia canzone, proprio la mia, HOME. Ho constatato che Martin ne potrebbe sapere più di me in quanto a stile e fashion trends... Notare la mise di ieri sera...
Wednesday, November 18, 2009
Nebbia e decollete con plateau
Appese ad una lavagna in sughero in camera da letto, le mie prime foto: 2 immagini in bianco e nero della prima ecografia che fece mia madre nel lontano '82. Puntate in mezzo ad altre immagini, più tarde, che raccontano la mia breve ed intensa storia, un titolo lungimirante di un articolo strappato da qualche mensile modaiolo che avrò letto: IL GENIO PRENDE FORMA. COME VOLARE MENTRE TUTTI CAMMINANO.
Un po' pretenzioso, ma accostare l'immagine di me ancora ignara di tutto e di tutti (anzi, non proprio formata) alle parole PRENDE FORMA, mi sembra, ancora adesso che le riguardo sulla parete, un lampo di follia geniale.
Eh si nota quando ho tempo, tempo per i miei capricci, per guardare con attenzione me stessa nel corso degli anni. Sì, perché le pareti di casa mia sono le mie avventure, le più belle.
Mattino nebbioso, in Val Padana. Colpita come più della metà dei terrestri dall'influenza (non so se A, B o C ma comunque scelgo la busta C, come "col cazzo che vengo al lavoro con la febbre").
Ho cucinato con particolare lentezza e tranquillità la colazione (anche perché non ho tutta questa energia per fare le cose più velocemente), ultimato un libercolo che mi perseguitava da qualche settimana mentre affrontavo i bisogni primari nel mio caldo e familiare bagno, risposto e scritto a qualche e-mail di lavoro (si affaticano a farti credere che nessuno è indispensabile, allora spiegatemi perché dovete inibirmi ancora di più il sistema immunitario anche durante la convalescenza).
Lost in Fashion, di Silvia Paoli. Da leggere solamente nel caso voi siate fashion addicted, desiderose di lavorare nel mondo della moda (vi farà cambiare idea) ed alla ricerca degli ultimi must have delle fashion writers. Consigliato sotto un ombrellone nei mesi estivi, perché fa sorridere ed è alquanto leggero, o durante una sofferente malattia, perché continua a farvi pensare al lavoro anche quando siete sotto le coperte con 38 di febbre…bisogna pur rimanere sul pezzo.
Vorrei capire se il romanzo sia un'autobiografia un po' colorita della nota giornalista caporedattrice moda di Vanity Fair. Interessante, in quanto Irene, la protagonista della storia narrata, trascorre momenti di forte scontro tra corpo e spirito, incerta sul futuro da scegliere: mondo della moda o massaggiatrice?!? Ed io: mondo della moda o piccola narrante\ficcanaso di origini campagnole?!? Credo che la seconda scelta implichi, però, un'ulteriore ricerca: uomo prestante dagli occhi chiari in grado di rendermi felice allungando un po' del Dio denaro (scrivere non renderebbe quanto vorrei)…e non solo (devo pur goderne…).
Scriverò a Silvia Paoli: "Cara Silvia, lavoro in una delle sue aziende moda preferite, nella quale ogni giorno progettiamo e produciamo quei splendidi blazer e cappotti in cachemire di cui lei, scrive, non può fare a meno. Vorrei chiederle, con molto rispetto e discrezione, perché nel libro conclude scegliendo il mondo della moda…ma nella realtà sta seguendo un corso per insegnante di Pilates, dimettendosi dall'incarico al giornale. Forse è bene far sognare le lettrici che la strada percorsa sia, comunque, quella giusta e convincerle che è bene tenere i piedi ben piantati per terra? A tal proposito…compro almeno due paia di scarpe, rigorosamente col tacco, nuove al mese… Crede che questo possa aiutare a tenere i piedi in scarpe sbagliate ma, illudendoci, giuste? Poi ora che è trendy il decollete e sandalo con plateau, ho la falcata ancora più felina e sicura… ma forse nell'ambiente sbagliato".
Monday, November 16, 2009
I-tunes è un pò il nostro cuore
Saturday, November 14, 2009
Patati da 'a Sila
Sunday, October 25, 2009
Aiutatemi, vi prego!!!
Sto attraversando un periodo NO o, per capirci meglio, un periodo sfigato.
Di quelli in cui sei perennemente in allerta, nervosa, in agguato. Il problema è capire per quale grosso e spaventoso pericolo mi si stanno raddrizzando così tanto le antenne. Mah, si starà avvicinando il 21 dicembre 2012.
In ordine.
Il vetro anteriore dell’auto aziendale grossolanamente crepato causa sasso scalfito da una ruota di camion che procedeva innanzi a me prima del sorpasso, segue grosso sgagazzo per il rumore e la crepa che pian piano si allargava ed allungava durante il viaggio.
Appuntamento dall’estetista di fiducia, ceretta all’inguine. 7 estetiste in un piccolo loculo-locale adibito ad istituto di bellezza. Mi capita l’unica su 7 non delicata, quella giovane giovane, appena assunta, alle prime armi. “Ti sto facendo male eh?” sogghigna nel mentre. Io, sudando caldo per il dolore e cercando di trattenere le grida ad ogni strappo, “si, molto”. Lei procede come se niente fosse. Devo trovare un modo per chiedere al momento della prenotazione telefonica di allontanare la giovane biondina da me al mio arrivo.
Dopo 2 anni di servizio la piastra per capelli super tecnologica non si accende, proprio il giorno in cui avrei dovuto avere capelli lisci, profumati ed invidiabili. Provo a sbatterla contro qualsiasi superficie dura, durissima, prenderla a calci. Deve essere un problema non risolvibile con la solita “botta”. Però adesso come faccio? Mi sta aspettando un essere maschile dopo lunghi periodi di astinenza e sembro un riccio. Potrei farmi asfaltare. In fondo dopo si appiattiscono anche loro, poveretti.
Saturday, October 24, 2009
Amici miei (atto unico)
Riguardare le foto al ritorno dalle nostre divertenti prestazioni è proprio come vedere alcune scene del celebre film degli anni '70 di Mario Monicelli.
Anche tra noi cala il silenzio al ritorno dalle zingarate, silenzio che vuol dire ritorno alla normalità, alla quotidianità ed all'amarezza di ciò che ognuno di noi vive non per scelta.
Ci si cerca per star bene, per evadere dalla serietà che ci costringiamo a far nostra durante il giorno. "Sparare cazzate in discorsi intelligenti" è la nostra qualità migliore.
E siamo in quattro come rimasero i celebri amici dopo la morte del giornalista Perozzi, l'io narrante del primo atto.
Lei si innamora, perde la testa, sparisce fra i suoi pensieri e le sue lacrime, proprio come l'archittetto Melandri che "aveva visto la Madonna". Ma torna sempre, rinsavisce, torna a fare la zingara ed a divertirsi.
Io sono apparentemente la più seria, che si rivela la più folle del gruppo, come il professor Sassaroli. Peccato che non possa vantarmi di avere "molte nipoti da parte di fava" (nel mio caso "molti nipoti da parte di patata").
Il conte Lello Mascetti è colui che più mi dà corda: nonostante tutti i suoi difetti, mantiene alta la sua dignità, non accetta elemosine, accetta l'ospitalità ma non le collette. Proprio colui che guarda gli altri lavorare, è quello più abile a far risparmiare.
E poi c'è Il Necchi: cinico e maschilista convinto. Un folle, che avverte i segnali di cambiamento nella propria vita un giorno si ed uno no. Ora ha preso un patentino come dog-sitter: sentiva il bisogno di un contatto "più umano" di quello con gli umani stessi.
Quando penso che alcuni aspetti della mia vita sembrino la sceneggiatura di un film non mento a me stessa.
Mi piace guardare il mio film: è SPASSOSO.
Sunday, October 18, 2009
Scelte (molto?) spirituali
Giornata di sabato, dopo una settimana di forzate pubbliche relazioni in giro per l'Italia= fare l'eremita.
Nessun luogo remoto, solo il tepore ottenuto dal camino acceso di casa mia ed il divano di fronte. Poche letture, alternarsi di un libro poco impegnativo che mi faccia spensierare e sorridere
(è il turno di Lost in Fashion di Silvia Paoli) ed uno da concentrazione (Le quattro casalinghe di Tokyo di Natsuo Kirino). Inframmezzare il tutto con qualche sms ad amiche e parenti, per marcare il territorio. Messaggio subliminare da trasmettere: non mi sono dimenticata di voi, vi voglio bene, ma non ho la forza nemmeno questo week end di alzarmi dal divano.
Fare qualcosa con le mani: cucinare ed impastare (scaricare lo stress da qualcosa andato storto durante la settimana dando cazzotti all'impasto), fare qualche servizietto da Cenerentola-colf (sfregare sempre più forte da procurare qualche scintilla, come se il soprammobile fosse il tuo capo insaziabile).
Pensare, cencando di farlo riguardo a qualsiasi cosa tranne il lavoro. Devo pur rilassarmi!
Valutare in quale locale poter andare in tarda serata, per farmi vedere almeno dagli amici più cari e non indurli ad etichettarmi come una morte bianca (il lavoro uccide anche l'anima, non solo il corpo).
Di religioso c'è ben poco, se non il silenzio che deve regnare in casa durante il giorno di eremitaggio. Anzi, di religioso c'è l'obiettivo che mi pongo: attendere l'avvento dell'Età dello Spirito, sono stanca di vivere in questa Età dell'Oro. Mi procura troppo stress.
Come Gioacchino da Fiore, attendo tempi migliori influenzando i tempi che vivo di oppressione.
Risultato: alle 9 di sera sono ancora immersa sotto una calda coperta di pile sul divano, tisana drenante bollente sul tavolino a fianco, cani stecchiti dal sonno ai piedi, libro non impegnativo in mano.
Sto lottando contro la mia crisi economica (non esco, non spendo) e contro la mia crisi spirituale (due parole con me stessa).
Ed anche per questa settimana amici & Co. cercheranno l'annuncio sul giornale locale: Allefer, ennesima morte bianca.
Thursday, October 15, 2009
Manuale della giovane pezzente
Ma il meglio di sè, la giovane pezzente, riesce a darlo fuori dalle spese rimborsate dall'azienda.
Imparerà a contenere la sua smisurata passione per le scarpe provando ogni modello l'avesse fatta innamorare a prima vista dalla vetrina: entrerà in negozio, "buonasera (pausa), vorrei provare quel paio di decollete in vetrina....porto il 39". Le indosserà entrambe, se le guarderà allo specchio e chiederà il prezzo. Le risponderanno "questo è l'ultimo modello di Prada di questa stagione, 427,00€". Sorriderà e con nonchalance dirà "sono bellissime, ci penso e torno per prenderle". Non tornerà mai più in quel negozio. Anzi, farà in modo di non passarci più davanti.
La giovane pezzente sa che questo può essere fatto soltanto in città lontane dalla propria, ma sa anche che questa è l'unica fonte di affetto ed amore che può avere lontano da casa. Scarpe griffate ai propri piedi per pochi minuti.
Per proprietà transitiva, GIOVANE PEZZENTE : MODA = MODA : AZIENDA, quindi GIOVANE PEZZENTE : AZIENDA. E' naturale che la giovane pezzente sia così dedita all'azienda, almeno le permette di dormire in hotel splendidi e mangiare abbonantemente: queste sono spese rimborsate.
Thursday, October 1, 2009
Hero of the day
7.00: oddio, non ho più scusanti nè scappatoie. Mi devo alzare...qualche minuto in cui mi sfrego gli occhi, stiracchio e penso a cosa mettermi.
Preparo l'impasto della crepes, accendo il fuoco
lento, verso l'impasto che non deve essere troppo liquido e mi dirigo davanti all'armadio.
Oggi jeans, camicia, golfino...noooo, tacchi oggi no, stivaletti da maschiaccio.
In ufficio bevo tanta acqua, per poter fare tanta "plin plin". Tanta plin plin significa alzarsi spesso, camminare verso la toilette, un lungo corridoio in cui non suonano telefoni, non esplode il panico per un ritardo di mezz'ora nella consegna di un progetto, non senti schiamazzare commenti inutili sulla mise sbagliata di qualche collega. I più ignorano che una faccia intelligente può indossare quello che vuole.
Ti allontani un momento e ti hanno già cercato al telefono. Richiami. Devi preparare una e-mail urgente, lunga quanto la Bibbia, che però di sacro e profetico ha ben poco.
Ed è metà pomeriggio...anche oggi ho mangiato qualche galletta di mais davanti al monitor del pc. Cosa avrei veramente voglia di fare se fossi fuori da queste quattro mura?
E poi ti arriva l'e-mail della collega che deve andare ad una festa e non sa cosa mettersi. Ti lusinga, "scrivo a te Alle perchè hai gran gusto", però ha trascorso le ultime settimane senza nemmeno salutarti (non dico rivolgerti la parola e farti un discorso). Ed è seduta tre scrivanie più in là.
Si dimette una collega storica, in azienda da 14 anni. Un regalo mediamente dispendioso per colmare la mancanza di affetto che metteranno nel salutarla l'ultimo giorno di lavoro.
Ed è sera, esci da questa freddezza e apparenza.
Chiami il mondo per poter infondere affetto e simpatia. Per riceverlo. Esiste anche nella mia vita, non lavorativa.
Peccato che si lavori di più di quanto si faccia l'amore e ci si diverta.
Ma non mi arrendo. Mi sento un eroe a tarda serata, con gli occhi semi-chiusi davanti, ancora una volta, ad uno schermo di un pc, questa volta per scrivere di me e della mia mente . Ad occhi quasi chiusi mi ostino a leggere qualche pagina del libro che poggia sul mio comodino, dopo aver corso per 4 km sul tapis roulant. Poi anche gli eroi crollano, spesso senza farsi nemmeno la doccia.
Va beh, domani mattina mi alzerò prima, così mi lavo i capelli.
Saturday, September 19, 2009
Il bello delle donne
Non il celebre polpettone della tv commerciale con Stefania Sandrelli e compagnia bella.
Bernard Malamud scrive che le donne vivono due vite: una in cui imparano e una in cui iniziano a vivere davvero.
Non posso ancora raccontare la mia “vita davvero”, sono ancora nella fase in cui imparo e, spesso, anche in modo non delicato.
Ma posso raccontare la “vita davvero” di alcune, non molte, donne che incontro ogni giorno, che ho la fortuna di conoscere grazie al mio sporco lavoro, che di incontri me ne fa fare tanti, ma pochi che lascino il segno.
Anna, avvocato di Palermo, passionale e sanguigna come ogni donna originaria della Sicilia. Una settimana in sua compagnia mi ha fatto amare Palermo, soprattutto di notte, in sella alla sua Mini, ascoltando Radio Montecarlo e le sue parole da Cicerone d’occasione. Era sposata da qualche mese col suo primo marito quando incontrò l’uomo della sua vita durante una cena. Lascerà il marito quella sera stessa dicendogli, dopo alcuni sguardi con il suo futuro uomo, che si era appena resa conto di aver fatto un errore a sposarlo. Dopo pochi giorni andò a convivere con quello che sarebbe diventato il suo secondo marito e l’amore più grande mai avuto. Oggi single, decide di avere un figlio a quattro zampe che chiamerà Pasquale e di fare un fioretto: non avere nessun uomo per almeno qualche anno. Assorbe troppe energie e lei deve recuperarle. Durante le numerose cene insieme mi racconta talmente tanti aneddoti che le appartengono, realmente accaduti, che mi sembra di ascoltare racconti di più vite insieme. Una voglia di vivere vera, di farlo divertendosi e godendosela. “Pappina (sopranome che mi diede dopo che stetti male di stomaco una sera dopo una cena a base di frutti di mare crudi), fatti di qualcosa, anche solo di pistacchio, ma vivi”. Eh per la prima volta mi sono sentita realmente in credito con la vita: devo e voglio riscuotere ancora tanto.
Laura, invece, vive a Cuneo da quanto è nata. Una città molto chiusa e grigia, troppo conservatrice. Decide di andare controcorrente: si sposa quasi quarantenne, decidendo di non avere figli perché troppo impegnativi. Lei aveva troppe cose da fare e ne ha tutt’ora. Non voleva aggiungere un ennesimo cambio di pannolini o una visita dal pediatra sulla sua agenda. Aperta, nonostante sia cuneese. Serena nel far capire che i figli, nel proprio matrimonio, non sono arrivati per scelta, non perché non può averne.
Annuccia non vede tanto bene. Dopo giorni in cui lavoravamo insieme, si avvicina e mi fissa in modo strano, che bei occhi che hai! Ma Annuccia, ci vediamo da giorni (la mia solita poca delicatezza)! Eh, ma io non vedo bene, solo quando mi avvicino tanto. A pochi anni dalla pensione, una soddisfazione immensa nel aver fatto studiare i figli, laureati entrambi e professionisti a Milano, emigrati. Lei che la Sicilia ha deciso di non abbandonarla mai. Le brillano quegli occhi che vedono poco, ancora oggi, quando parla col marito al telefono, preoccupandosi di cosa poter comprare per cena. La sua seconda vita da coppia è iniziata da quando anche il secondo figlio se n’è andato. Sono ancora innamorata di mio marito. L’amore è ancora in tutto e per tutto. Io sorrido, perché queste sono le cose che vorrei potessero vivere tutti.
Ed un domani proprio io.
Tuesday, September 15, 2009
Tanta roba
E c'erano loro, le straordinarie consumatrici, vip e non. Sì, perchè in azienda le vip sono proprio loro, le nostre consumatrici che seguono il proprio stile non tradendoci, ma scegliendoci sempre.
Un dubbio: così tante donne si saranno adunate intorno ad un grande uomo, ospite della serata, (Sergio Muniz) od in occasione di un grande evento? E se l'evento fosse stato il grande uomo?
E' stata LaFrancy a rendermi pensierosa: "Fra, com'è la serata?" "Mah, LUI è tanta roba, mamma mia quanta roba!"
Monday, September 7, 2009
Real World
Una persona che porta nell’animo il peso di una cosa a cui è impossibile porre rimedio è destinata, presto o tardi, a essere annientata.
Le mie idee sono forse troppo complicate? Bè, non posso farci niente, perché sono effettivamente una persona che pensa cose più difficili degli altri. Ecco perché a casa e a scuola non faccio altro che scherzare. A che servirebbe mettere a nudo il mio vero io, se poi nessuno riesce a capirmi? Sì, c’è Toshi, ma lei sarebbe in grado di comprendere soltanto una piccola parte di me. Non ho mai incontrato una persona, giovane o adulta, capace di capirmi veramente.
Esiste insomma un divario non indifferente tra me e gli altri, un divario che riguarda le capacità, l’esperienza e i sentimenti. Sono una persona estremamente sensibile e intelligente. Attenzione, quando dico intelligente non intendo “brava a scuola”, bensì “capace di pensare in astratto”. La maggior parte degli adulti crede che uno studente delle superiori non sia in grado di farlo, ma si sbaglia, e di grosso.
Io mi ritengo libera da ogni tipo di relazione umana, perciò tendo a concentrarmi univocamente su me stessa. Questo comporta un notevole dispendio di energie mentali.
da “Real World” di Natsuo Kirino
Una virtù vacillante
In quell’istante Setsuko prese coscienza dell’irrimediabile disonestà che si cela nell’erotismo. La disonestà di gettarsi reciprocamente sabbia negli occhi, per non vedere i problemi reali, in ogni decisiva questione. Setsuko tentò di resistere, ma invano. E ribellandosi a tutti gli scrupoli, alle pretese della rettitudine, si abbandonò all’opulenza di un mondo che stava per essere sepolto.
Infine, suo malgrado, fece per la prima volta un confronto tra ciò che fino ad allora aveva ritenuto di non dover paragonare. Tsuchiya le donava ciò che il marito non era stato in grado di darle.
Stavano nudi, con naturalezza. Nudi senza la minima enfasi, senza alcuna traccia di esibizionismo. Dalla finestra spalancata entrava una gradevole brezza notturna, che portava un lontano sferragliare di treni, il suono dei clacson e delle grida, a ondate. Tsuchiya fumava una sigaretta, in piedi accanto alla finestra, osservando il panorama. Setsuko gli stava vicino, avvolta dalla tenda.
[…]
- Non sei affatto in ansia, vero? Devo essere soltanto io a tremare, a provare angoscia?
- Faresti meglio ad abbandonare simili inquietudini, - sentenziò Tsuchiya.
Poi aggiunse: - Tuo marito non è preoccupato?
- Per nulla. Davvero.
Tsuchiya sorrise con aria sinceramente divertita, mostrando i denti candidi.
Setsuko insistette:
- Ma l’assenza di inquietudine in Kurakoshi è ben diversa dalla tua! Tu percepisci tutto, tu sai tutto, eppure non ti preoccupi di nulla!
- Mi sopravvaluti, - commentò Tsuchiya, avvolto dal fumo della sigaretta, perché la brezza era caduta e l’aria ristagnava nella stanza. “Non è che carne! – pensò Setsuko. – Un ammasso di carne senza scrupoli”. O forse era una persona che reputava necessario camuffarsi da uomo vanitoso della propria carnalità.
- Fra te e me … - iniziò a dire Setcuko, ma si trattenne. Tsuchiya non le chiese che cosa intendesse dire, e quella frase interrotta sedimentò nell’animo di lei.
Setsuko avrebbe voluto dirgli che solo il frapporsi di un ostacolo fra loro avrebbe potuto aiutarla. Provò l’impulso di confessarlo, e invece si espresse in modo totalmente opposto: - Io sono più libera di quanto tu possa immaginare.
da “Una virtù vacillante” di Mishima Yukio
Monday, August 24, 2009
La natura più viva
Saturday, August 15, 2009
Lord Byron ed una poesia vivente
In effetti non avrei mai immaginato di incontrare, al mio arrivo a Portovenere, un pullman pieno di turisti giapponesi con guida al seguito. E proprio il 9 agosto 2009, data in cui, esattamente un anno fa, io arrivavo, stravolta da non poche ore di volo, a Tokyo, il 9 agosto 2008. Le coincidenze sono la mia fonte principale di sorrisi compiaciuti.
Una soffiata da parte di una collega spezzina, una telefonata supplichevole per avere una camera ed il gioco è fatto: quest’anno si vive l’esperienza del bed&breakfast alla meglio gioventù in pieno centro storico. Via Castellini è stato il centro del mio colorato e caldo mondo durante questi pochi giorni di mare: stupendo carruggio dai colori vivi, passaggio obbligato di turisti e paesani. Qui dormivo, La Locanda; qui facevo la prima colazione con focaccia ligure integrale acquistata al forno di fronte; qui cenavo, Antica Osteria Il Carruggio; qui passeggiavo alla ricerca di quiete prima e dopo l’essermi abbrustolita al sole; qui guardavo ipnotizzata per alcuni istanti, ogni volta che passavo davanti alla porta di ingresso della bottega, la lavorazione artigianale degli zoccoli in legno con zeppa tipici di Portovenere, Bottega Nudo.
Davanti agli occhi, perfino dal terrazzino della camera in cui alloggiavo, il braccio di mare che divide la terraferma dalla Palmaria. Quest’isolotto quasi selvaggio, che si raggiunge in pochi minuti di barca dal molo Doria, è un paradiso per gli amanti della tintarella: sole cocente che non si percepisce quasi mai grazie al vento fresco che attraversa il canale tra l’isola e la terraferma. Prendere il sole e non accorgersene. Prendere il sole e non sudare. Prendere il sole ed ustionarsi perfino le labbra, dopo aver pensato di mettersi sul lettino in una posizione comoda che permettesse di dormire un po’.
C’è una grotta dedicata al poeta Byron sugli scogli a ridosso del castello e della chiesa di San Pietro: dicono che il poeta fosse un provetto nuotatore e che fosse riuscito nel suo intento, nuotare dagli scogli di Portovenere fino a Lerici. Dicono, anche, che proprio Portovenere, la sua atmosfera ed i suoi tramonti, gli abbiano ispirato numerose poesie. Non fatico a crederci, io stessa sono stata ispirata a poche ma intense riflessioni. Vivere quei pochi giorni è stato, per me, come vivere una poesia vivente. La mia.
Saturday, August 8, 2009
Il futuro
Quindi, percorrerò l’A15 Parma-La Spezia per raggiungere Le Cinque Terre. Sarà inevitabile, ho già prenotato ed ho bisogno di qualche giorno di mare e di relax con l’ingrediente giusto, “il baccalà” (trattasi di una tua carissima amica con poteri di penetrazione molto forti: penetra non solo i tuoi pensieri ma anche le minime sfumature dei tuoi cambi di umore. Lei ti ascolta, mentre le racconti di te, per riprendere il filo delle vostre vite che non riescono ad essere seguite di pari passo causa lontananza chilometrica ed impegni di lavoro, e sul più bello, quando ti sei liberata di ogni scoria radioattiva del tuo presente ed immediato passato, ti dice “ma sei sicura? Sei diversa, secondo me c’è qualcosa che non va. IO TI CONOSCO.”)
Poche sere fa ho recuperato dal cappello magico di un’arena estiva un film perso nei mesi scorsi, THE WRESTLER. Un Micky Rourke mai visto prima, sia per la trasformazione (degenerazione) fisica sia per la bravura ed intensità dimostrata. Un film che mi ha tenuto con un groppo in gola fino alla fine, per la solitudine e tristezza trasmessa dai personaggi. Un universo di persone sole che gravitano una accanto all’altra senza mai incontrarsi, senza mai fondersi, senza mai conoscersi. La storia di un wrestler professionista che nella vita non ha mai saputo far altro che il suo mestiere, incitato dalla fama e dalla gloria che gli trasmettono i suoi fans, capirà di essere SOLO soltanto quando sarà costretto a fermarsi, a non essere più soltanto un lottatore, ma anche un uomo ed un padre. Che non esistono, che non ha mai fatto in modo esistessero.
Mi sono chiesta, all’uscita dal cinema, se tutte le volte in cui “Baccalà” e simili (le persona a te più vicine e care) dicano “io ti conosco” sia il segno di aver fatto un buon lavoro per sè, di aver tessuto fili stretti e resistenti fra pianeti distinti le cui orbite si intrecciano spesso, non sempre scontrandosi per fortuna. Nonostante non si finisca mai di conoscere nemmeno se stessi e spesso chi vede da fuori vede meglio e più cose di chi si vede da dentro, IO TI CONOSCO mi fa sempre un certo effetto, mi fa bene all’anima, pur limitata che sia la frase e la realtà stessa.
Sono donna, amica, amante, figlia ancor prima di insolente RETAIL COORDINATOR, lottatrice sì ma tra la folla di clienti sull’orlo di una crisi di nervi?
Se la risposta sarà “si”, STO CRESCENDO BENE. Speriamo che qualcuno, però, ripassi.