Scelsero un nuovo albergo, e dalla loro camera si godeva la vista della pergola di vite del giardino interno e delle luci della metropoli che si estendevano sotto di loro. Al pensiero di doverle abbandonare per qualche tempo, parvero a Setsuko particolarmente belle. Dall’albergo provenivano strani rumori. Faceva caldo anche con le finestre aperte. Setsuko aveva il vizio di rivolgere al giovane un piccolo sermone prima di andare a letto. Quella sera gli rimproverò a lungo la sua insensibilità per l’imminente separazione, sia per abituarsi a quell’evento ormai ineluttabile, sia per provocare qualche turbamento in lui. Ma, come sempre accadeva quando la situazione si faceva imbarazzante, il giovane le suggellò le labbra con un bacio, impedendole di continuare.
In quell’istante Setsuko prese coscienza dell’irrimediabile disonestà che si cela nell’erotismo. La disonestà di gettarsi reciprocamente sabbia negli occhi, per non vedere i problemi reali, in ogni decisiva questione. Setsuko tentò di resistere, ma invano. E ribellandosi a tutti gli scrupoli, alle pretese della rettitudine, si abbandonò all’opulenza di un mondo che stava per essere sepolto.
Infine, suo malgrado, fece per la prima volta un confronto tra ciò che fino ad allora aveva ritenuto di non dover paragonare. Tsuchiya le donava ciò che il marito non era stato in grado di darle.
Stavano nudi, con naturalezza. Nudi senza la minima enfasi, senza alcuna traccia di esibizionismo. Dalla finestra spalancata entrava una gradevole brezza notturna, che portava un lontano sferragliare di treni, il suono dei clacson e delle grida, a ondate. Tsuchiya fumava una sigaretta, in piedi accanto alla finestra, osservando il panorama. Setsuko gli stava vicino, avvolta dalla tenda.
[…]
- Non sei affatto in ansia, vero? Devo essere soltanto io a tremare, a provare angoscia?
- Faresti meglio ad abbandonare simili inquietudini, - sentenziò Tsuchiya.
Poi aggiunse: - Tuo marito non è preoccupato?
- Per nulla. Davvero.
Tsuchiya sorrise con aria sinceramente divertita, mostrando i denti candidi.
Setsuko insistette:
- Ma l’assenza di inquietudine in Kurakoshi è ben diversa dalla tua! Tu percepisci tutto, tu sai tutto, eppure non ti preoccupi di nulla!
- Mi sopravvaluti, - commentò Tsuchiya, avvolto dal fumo della sigaretta, perché la brezza era caduta e l’aria ristagnava nella stanza. “Non è che carne! – pensò Setsuko. – Un ammasso di carne senza scrupoli”. O forse era una persona che reputava necessario camuffarsi da uomo vanitoso della propria carnalità.
- Fra te e me … - iniziò a dire Setcuko, ma si trattenne. Tsuchiya non le chiese che cosa intendesse dire, e quella frase interrotta sedimentò nell’animo di lei.
Setsuko avrebbe voluto dirgli che solo il frapporsi di un ostacolo fra loro avrebbe potuto aiutarla. Provò l’impulso di confessarlo, e invece si espresse in modo totalmente opposto: - Io sono più libera di quanto tu possa immaginare.
da “Una virtù vacillante” di Mishima Yukio
In quell’istante Setsuko prese coscienza dell’irrimediabile disonestà che si cela nell’erotismo. La disonestà di gettarsi reciprocamente sabbia negli occhi, per non vedere i problemi reali, in ogni decisiva questione. Setsuko tentò di resistere, ma invano. E ribellandosi a tutti gli scrupoli, alle pretese della rettitudine, si abbandonò all’opulenza di un mondo che stava per essere sepolto.
Infine, suo malgrado, fece per la prima volta un confronto tra ciò che fino ad allora aveva ritenuto di non dover paragonare. Tsuchiya le donava ciò che il marito non era stato in grado di darle.
Stavano nudi, con naturalezza. Nudi senza la minima enfasi, senza alcuna traccia di esibizionismo. Dalla finestra spalancata entrava una gradevole brezza notturna, che portava un lontano sferragliare di treni, il suono dei clacson e delle grida, a ondate. Tsuchiya fumava una sigaretta, in piedi accanto alla finestra, osservando il panorama. Setsuko gli stava vicino, avvolta dalla tenda.
[…]
- Non sei affatto in ansia, vero? Devo essere soltanto io a tremare, a provare angoscia?
- Faresti meglio ad abbandonare simili inquietudini, - sentenziò Tsuchiya.
Poi aggiunse: - Tuo marito non è preoccupato?
- Per nulla. Davvero.
Tsuchiya sorrise con aria sinceramente divertita, mostrando i denti candidi.
Setsuko insistette:
- Ma l’assenza di inquietudine in Kurakoshi è ben diversa dalla tua! Tu percepisci tutto, tu sai tutto, eppure non ti preoccupi di nulla!
- Mi sopravvaluti, - commentò Tsuchiya, avvolto dal fumo della sigaretta, perché la brezza era caduta e l’aria ristagnava nella stanza. “Non è che carne! – pensò Setsuko. – Un ammasso di carne senza scrupoli”. O forse era una persona che reputava necessario camuffarsi da uomo vanitoso della propria carnalità.
- Fra te e me … - iniziò a dire Setcuko, ma si trattenne. Tsuchiya non le chiese che cosa intendesse dire, e quella frase interrotta sedimentò nell’animo di lei.
Setsuko avrebbe voluto dirgli che solo il frapporsi di un ostacolo fra loro avrebbe potuto aiutarla. Provò l’impulso di confessarlo, e invece si espresse in modo totalmente opposto: - Io sono più libera di quanto tu possa immaginare.
da “Una virtù vacillante” di Mishima Yukio
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