Anche le raccolte di racconti hanno i “loro perché”. Soprattutto se i racconti seguono un filo comune, almeno uno stesso argomento.
No geisha, piccola biblioteca Oscar Mondadori, è un libricino che qualunque donna dovrebbe leggere.
Il filo comune dei racconti, ben otto, è la trasformazione della donna nel corso della sua maturazione, psicologica e fisica, raccontata e descritta da otto scrittrici, di tutto spessore, giapponesi tuttora in vita.
Donne giapponesi nel Giappone di oggi sono le protagoniste, del libro, solamente, perché le protagoniste di ciò che viene narrato sono le donne in crescita in qualsiasi parte del mondo.
Mi duole dover ammettere che mi sarebbe piaciuto leggere “un qualcosina di simile” scritto da donne occidentali, soprattutto europee, non “gasate” americane. Forse, non siamo ancora così attente ai nostri cambiamenti personali e sociali.
Ruth Ozeki, scrittrice e regista giapponese trapiantata, di sua scelta, a New York, mi ha convinto non solamente ad acquistare il libro ma ad iniziare la sua lettura in macchina (dopo essermi chiusa dentro visti i tempi che corrono) appena uscita dalla libreria grazie a queste parole: “le storie riflettono le esperienze di protagoniste molto diverse tra loro. Le storie sono, a tratti, delicate ed esplicite, incalzanti e aggressive, dolci e accattivanti, intense ed ironiche. Affrontano ogni tema, dalla scoperta della sessualità all’amore, dai maltrattamenti alla perversione, dalla maternità al divorzio, fino alla morte. E anche se così diversi nei toni e nel contenuto, questi otto racconti hanno in comune un approccio narrativo coraggioso e concreto, che appartiene decisamente all’immagine della donna nel Giappone di oggi. Le donne giapponesi hanno fatto tanta strada dal mondo delle geishe e di Madame Butterfly. Ma quanta?”
Queste donne siamo noi, delicate ma esplicite, incalzanti ed aggressive ma dolci ed accattivanti, intense ed ironiche (soprattutto auto-ironiche).
Queste donne siamo noi, che scopriamo prima il sesso con timore e poi l’amore, per poi arrivare, finalmente, a far sesso con amore e con chi amiamo. Che ci maltrattiamo nel rimanere e nel creare situazioni perverse fino a farci veramente del male. Che vogliamo diventare mogli, compagne. Che vogliamo diventare madri. Che vogliamo diventare, poi, autosufficienti e reattive. Che vogliamo, ogni tanto, morire.
Saturday, November 1, 2008
Quello che siamo
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