
In una piovosa serata infrasettimanale, sola in penombra ad inebriarmi di un ottimo incenso acquistato in Giappone pochi mesi fa, il respiro affannoso del cane sul tappeto, le prime parole dell’ennesimo episodio di Sex & the City che rimbombano nella mia testa per un momento tanto lungo quanto l’innescarsi della mia reazione emotiva.
Quali sono state le occasioni irripetibili nella mia vita? Quali ho colto?
Forse tante, perché ho sempre deciso di fare tante cose.
Ma non di tutte queste posso parlarne con vera emozione (probabilmente perché di emozione non ne hanno scaturita un granché in me).
Però di una un’emozione irripetibile provocata da un’occasione irripetibile potrei parlare.
Quando si modifica qualcosa dentro ognuno di noi, si modifica anche il nostro potenziale “vivere futuro”. Si percepisce il nostro cambiamento quasi sempre dopo che è avvenuto, o comunque cominciato da tempo, perché il confronto con “il noi di prima” dimostra a noi stessi un cambiamento che non può non essere percepito “perfino” da noi stessi.
E’ probabile che il proprio cambiamento venga percepito prima da chi ci osserva da fuori. Noi siamo troppo impegnati a stare male, a sentirci strani, a non “avere voglia delle cose che facevamo prima” (o che accettavamo).
Una mattina nuvolosa e calda, in un tempio scintoista di Kyoto, quest’estate, ho conficcato alcuni incensi accesi tenuti insieme da una fascetta di carta viola nella cenere, quella cenere che un tempo erano altri incensi bruciati a loro volta e conficcati nella stessa cenere. Quando i credenti nel scintoismo pregano o cercano un contatto con le loro spiritualità accendono incensi. Mi ricordo di aver fissato per qualche secondo le punte dei bastoncini ardere velocemente, poi pian piano rallentare il loro corso. Lessi questo come un cattivo segno. So cosa dissi tra me quando guardai gli incensi in quei pochi secondi. Chiesi un’occasione irripetibile.
Non so quanta forza mi ci sia voluta per cercare un forte cambiamento. Forse non tanta quanta invece mi è stata necessaria per accettare un’occasione irripetibile. Del resto voluta. Capitata nel momento stesso in cui sarei stata in grado di coglierla.
Ecco, so che non è il “cambiare lavoro”. So che non è “il dover ricominciare ad ingranare in un altro ambiente”.
E’ e sarà il prendere quello che mi spetta, perché io l’ho aspettato tanto. E’ il ri-vedermi adolescente, studentessa universitaria fantasticante su come sarebbe stato bello “lavorare lì dentro”.
Ho patito nell’attesa come non mai. Sintomo dell’importanza che aveva (avrebbe potuto avere) anche un piccolo gesto di attenzione nei miei confronti. Un’azienda che mi ha scaturito (scaturisce) emozioni simili ad un Uomo. Speriamo sia quella giusta, un po’ come l’Uomo.
Che poi non ho ancora capito quando un qualcosa “fa per noi”, “è giusta per noi”.
Forse, semplicemente, ci piace.
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