Maria Grazia temeva mi fossi dimenticata due paia di sandali per sbadataggine in camera, dopo averla lasciata quel giorno stesso. Apprensiva coi suoi clienti, mi chiamò per dirmi “signorina, ha lasciato dei sandali in camera stamane” e io gli spiegai che non si trattava di sbadataggine ma di sandali vintage, non in quanto pezzi custodi della memoria anni ’70 ma pezzi ormai logori e scomodi che nei giorni precedenti mi avevano assassinato i piedi, meritandosi l’abbandono e la morte. Ho questo vizio: quando un oggetto che mi è appartenuto sta per volgere al termine della sua appartenenza lo porto con me in viaggio, lo coccolo per gli ultimi istanti e lo abbandono dove meno lui stesso se lo potrebbe aspettare. Innumerevoli scarpe abbandonate sotto letti di alberghi, libri stra-letti lasciati su treni ed aerei, magliette ormai consunte dimenticate nello spogliatoio di qualche centro estetico. Ricordo il paio di jeans martoriato da strappi appositi e non solo lasciato al 35° piano del Century Towers a Tokyo: una morte da leone.
Maria Grazia è quella signora dal viso paffuto, dagli occhietti piccoli neri, vispi e curiosi, incastrati in una cascata di capelli neri mossi, lunghissimi, che mi apparve la prima volta dietro i vetri accuratamente addobbati di tende color cipria della porta d’ingresso dell’hotel Estro.
L’hotel Estro è “come casa mia”: “questo è il più bel complimento che un cliente mi possa fare sa?!?” mi disse una mattina dopo avermi chiesto come avevo dormito.
Nel mezzo del Monte Conero, ai piedi di Ancona, finalmente un luogo dove riesco a dormire ed a mangiare senza sforzo. Tutto avviene naturalmente all’interno: la colazione con, finalmente, il croissant integrale al miele con un latte macchiato che ha il sapore del latte, macchiato da un buon caffè, una cucina leggera dalle verdure e pesce fresco, un lettone matrimoniale enorme, duro come piace alla mia schiena e collo, il silenzio in cui poter riposare.
E lei, che quando torno da una giornata di lavoro mi chiede “è stanca? Le offro una spremuta fresca così si rilassa?”, che mi fa un po’ da mamma attenta, sempre dandomi del lei, forse con una live compassione nel vedermi per giorni e giorni sempre sola ma col sorriso sulle labbra perché serena nel poter tornare in un luogo reso da lei stessa molto rasserenante.
Ed io, che sul lavoro mi trasformo in un essere evoluto sciente e molto formale, riesco a tornare me stessa ogni qualvolta arrivo in hotel, attraverso il giardino, e vedo gli uccellini di plastica dai vari colori posizionati in mezzo ai vasi di fiori. Sicuramente messi da Maria Grazia, che ama, mi disse, gli animali. Probabilmente anche quelli di plastica.
Maria Grazia è quella signora dal viso paffuto, dagli occhietti piccoli neri, vispi e curiosi, incastrati in una cascata di capelli neri mossi, lunghissimi, che mi apparve la prima volta dietro i vetri accuratamente addobbati di tende color cipria della porta d’ingresso dell’hotel Estro.
L’hotel Estro è “come casa mia”: “questo è il più bel complimento che un cliente mi possa fare sa?!?” mi disse una mattina dopo avermi chiesto come avevo dormito.
Nel mezzo del Monte Conero, ai piedi di Ancona, finalmente un luogo dove riesco a dormire ed a mangiare senza sforzo. Tutto avviene naturalmente all’interno: la colazione con, finalmente, il croissant integrale al miele con un latte macchiato che ha il sapore del latte, macchiato da un buon caffè, una cucina leggera dalle verdure e pesce fresco, un lettone matrimoniale enorme, duro come piace alla mia schiena e collo, il silenzio in cui poter riposare.
E lei, che quando torno da una giornata di lavoro mi chiede “è stanca? Le offro una spremuta fresca così si rilassa?”, che mi fa un po’ da mamma attenta, sempre dandomi del lei, forse con una live compassione nel vedermi per giorni e giorni sempre sola ma col sorriso sulle labbra perché serena nel poter tornare in un luogo reso da lei stessa molto rasserenante.
Ed io, che sul lavoro mi trasformo in un essere evoluto sciente e molto formale, riesco a tornare me stessa ogni qualvolta arrivo in hotel, attraverso il giardino, e vedo gli uccellini di plastica dai vari colori posizionati in mezzo ai vasi di fiori. Sicuramente messi da Maria Grazia, che ama, mi disse, gli animali. Probabilmente anche quelli di plastica.
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