Grazie ai miei genitori, arte, moda, eleganza e simmetria sono andate sempre di pari passo. Entrambi avevano una passione per la moda che mi hanno saputo trasmettere, viziandomi in una gara a chi mi comprava vestiti più belli. L’amore per la geometria, per Léger e il simbolismo degli arazzi mi hanno insegnato che tutto si può rammendare, soprattutto se riletto in chiave di disciplina filosofica. Perché, citanto Yves Saint Laurent, il rammendo nasce dallo “stesso processo creativo di uno stilista. Forme sinuose, precisione rigida e filosofia del vivere”.
Da ragazza vestivo Chanel, lei ha cambiato il destino non solo della moda, ma di tutte le donne. Nel ’38 ho sposato uno storico d’arte americano con cui mi sono trasferita a New York e qui ho scoperto che il modo in cui ti vesti e come porti i vestiti che indossi definiscono non solo la tua personalità ma anche quel che vuoi rivelare o nascondere agli altri, e la cosa è stata per me un po’ come l’abbiccì della moda.
I vestiti sono l’estensione del nostro carattere, rappresentano il potere di essere noi stessi, e per trovare il nostro stile dobbiamo imparare a piacerci.
I tessuti fanno parte della mia arte da sempre. Ma non si possono fare paragoni tra arte e moda: l’arte è una creazione che non conosce né tempo, né confini, al contrario della moda. Creo perché sento la necessità di esprimere un sentimento, e anche se all’inizio non so bene quale sarà il risultato, è un processo irreversibile che non riesco a fermare finchè non ho fatto uscire tutto quello che sento nel mio inconscio. Per poter esprimere le nostre emozioni dobbiamo sapere ascoltare ed essere ispirati dai risultati. Lavoro ogni giorno, tranne la domenica, quando apro la mia casa studio a giovani artisti, amici, scrittori e galleristi per poter scambiare esperienze. “I get as much as I give”.
I miei vestiti preferiti sono di Helmut Lang, Prada e Agnes B. Ho un bellissimo cappotto di finta pelliccia bianca, regalatomi da Helmut Lang, che mi piace indossare ogni tanto e, anche se non esco mai, mi fa sentire bene.
Penso che i vestiti siano essenziali, perché ci danno la possibilità di ricordare episodi importanti della nostra vita, riattivano la memoria, così come i colori, la musica e gli odori. Ho un vestito a cui tengo molto, creato e dipinto da me, che indossai quando mio padre venne a trovarmi a New York all’inizio degli anni Cinquanta. Fu una serata memorabile, anche se i rapporti tra noi sono sempre stati difficili. È uno dei miei portafortuna. Futuro? Non ho nessuna idea sul futuro della moda, io mi vesto sempre uguale, per qualsiasi occasione, maglietta bianca, gonna nera e scarpe da ginnastica.
Louise Bourgeois, quasi centenaria papessa dell’arte contemporanea mondiale