Thursday, April 23, 2009

Silenzio

Noto con poco stupore che c’è sempre più bisogno di stordirsi, di distrarsi, di non sentirsi.

Sarà che la mia amica Filo è esigente con me, pretende che io “ascolti me stessa”, che mi fermi, che mi rilassi e che provi a capire cosa mi passi per la testa in quel momento.

Sarà che soffro di emicranie, che il rumore gratuito mi infastidisce.

Aperitivo al buio: sapevo solo con chi ma non dove. In verità mi interesso al luogo solamente quando il suo splendore deve supplire alla noia del chi. E, generalmente, non frequento persone noiose.

Decido di abbandonarmi sul sedile posteriore dell’auto “appena lavata” della Fefè e, sotto ripetute indicazioni della Bobby al suo fianco, mi lascio trascinare in questo lounge bar di periferia. La Fefè, che a Milano ci ha vissuto 5 anni pur di potersi realizzare come pr, sgrana gli occhi nel vedersi, ancora una volta, in una realtà di stampo milanese, ormai odiata.

Tavolini e sedie dal design conteporaneo, rigorosamente bianchi, alternati da piante gigantesche in altrettanti vasi bianchi, sotto tendoni di plastica, a loro volta bianchi. Ambient da “Milano che lavora”, da “Milano Marittima che se la gode”. Peccato fossimo su una statale di Reggio Emilia in piena zona industriale. Musica house e dance un po’ troppo alta, per un aperitivo post giornata di lavoro. Pochi ma chiari obiettivi: spendere massimo 5 euro, facendoci rientrare un pasto-cena, e non lasciar trascorrere nemmeno un minuto di silenzio tra noi, cercando di concentrare, a turno, tutte le nostre novità.

Primo obiettivo non raggiunto: 5,00 euro iniziali, cocktail analcolico al kiwi e “capatina” (doppia) al tavolo delle pietanze (roastbeef e verdure alla griglia…, qualche pezzetto di erbazzone….), in aggiunta ad altri 5,00 euro, poiché l’arrivo della Mony ci ha imposto il secondo brindisi.

Secondo obiettivo raggiunto, ma a fatica: dialogare fra 4 persone per 2 ore sotto sforzo, musica molto alta nelle orecchie e non delle più leggere, non è rilassante ma tedioso.

Perché sforzarsi di produrre luoghi il più rumorosi possibile? Per coprire il vocìo? Ma le persone vanno nei locali per ritrovarsi, per comunicare, è normale che parlino e che le parole producano suoni.

Perché riprodurre gli stessi ambienti asettici dei locali “da fighetti”? Io adoro il colore ed il morbido. Perché propinate solo bianco e nero, legno e plastica?

Perché incentivare così tanto l’uso dell’alcol, con pagine e pagine di cocktail alcolici nel menù e solo due voci sotto la dicitura “cocktail analcolici”?

Che cosa è questa storia del drink fi.GA? Bevanda energetica ai fiori di guaranà. Questi sono i casi in cui mi vergogno di lavorare nel marketing: come creare un tormentone-passaparola per “creare” interesse e conoscenza di un prodotto.

Tutto queste considerazioni rabbiose per non essere riuscita a rilassarmi con delle care amiche in una serata di primavera infrasettimanale. Che volevo fosse in silenzio. Con solo le nostre voci. Ed economica. Solo un succo d’ananas ed un tramezzino. Che non si possono più avere a meno di 5 euro.

2 comments:

Filo said...

Silenzio, che parola soave!
In questo periodo vorrei poterlo sentire ma il frastuono dei miei pensieri non mi permette di ascoltarlo nemmeno nella notte più silenziosa.
Ascoltarsi??? Quello è un gran casino, altro che silenzio!
Quando riusciremo ad ascoltare il nostro silenzio interiore,cara la Mia Preziosa Amica, allora forse potremmo avere la presunzione di avere trovato la pace del cuore.

@llefer said...

Il cuore avrà pacre soltanto quando sicuro di essere ascoltato Amica mia.