Di Genova se ne sente parlare per il suo enorme e splendido acquario. Pochissimo per i suoi caratteristici vicoli, i suoi scorci meravigliosi di città di mare e la sua squisita focaccia semplice. Sì, perché per giudicare la bontà di qualsiasi cosa, questa deve essere il più semplice possibile. Pochi trucchi, meno inganni. Pochi ingredienti, sapore autentico, che difficilmente mente. Di Genova in auto se ne dovrebbe parlare, almeno per poter evitare agli intenzionati di passaggio di venirci in auto. Il groviglio di incroci enormi che spuntano da vicoli minuscoli, il traffico disordinatissimo, i troppi sensi unici, il parcheggio che non c’è, le indicazioni stradali inesistenti. Sono stati motivi d’ansia ogni volta che inserivo la chiave d’accensione. Come se non ne avessi abbastanza. Eh si, perché Genova mi fa sentire la mancanza di mia madre. Inutile cercare di capire il perché soprattutto ora, in fondo ci siamo vissute da sempre molto poco. Però stasera guardando il porto illuminato dalla finestra della mia camera le ho confessato al telefono di aver dormito, stanotte, con un cuscino fantasma tra le braccia, convinta nel dormiveglia che la stessi abbracciando. Josef Koudelka scrisse: “quando vivi in un luogo a lungo, diventi cieco perché non osservi più nulla. Io viaggio per non diventare cieco”. Credo che mi stia tornando la vista, vedo meglio cose e persone.
Nonostante abbia comprato il navigatore, lo abbia aggiornato e mi dia un senso di onnipotenza in auto, adoro ancora perdermi. Nei momenti di “stanca”, quando necessito di solitudine, quando ho bisogno di rilassarmi, quando ho bisogno di riflettere, quando ho voglia e bisogno di condividere questo magico momento del guidare senza una meta con una persona a me cara, per parlare o per ascoltare un prolifico silenzio….guido senza ansia di arrivo e senza voglia di arrivare. Oggi a pranzo avevo quel pungente bisogno di inaugurare una primavera non ancora iniziata mangiando all’aria aperta. In possesso della mia piadina al crudo ed ananas affettata, ho guidato verso la collina reggiana perdendomi in stradine di campagna e paesini di poche anime. A minuti di guida ormai accumulati, accosto e decido di mangiare davanti ad un casolare di campagna, che guardacaso, aveva un maiale nel proprio giardino. Abbiamo mangiato insieme, io ed il maiale, che credo fosse femmina perché appena finito di mangiare ha avuto l’accortezza di lavarsi i denti masticando erba e di leccarsi le zampe per lavarsi. Alquanto “vanitosa” la bestia.
Far prender forma ai propri sogni da bambina è a sua volta un sogno. E nonostante i pochi anni di vita che pian piano divenivano sempre di più, ho sempre immaginato un futuro più sereno e soddisfacente possibile. Queste poche parole possono essere un sogno, un obiettivo. Godere di ogni cosa che faccio, vedo, provo è il motivo che mi convince del mio stare bene. Martedì mattina sono arrivata a Roma in perfetto orario accompagnata da un breve acquazzone. L’hotel in cui alloggiavo era in un vicolo molto stretto, in pieno centro, a pochi passi da Piazza di Spagna. I vicoli sono i tratti che più amo delle città: mi sembra di esserci dentro e di “respirarle” al meglio. Via dei Greci è una trasversale di via del Babuino a Roma. L’ingresso dell’hotel era esattamente a metà di via dei Greci, percorsa da chioschi di fiori freschi e negozi di strumenti musicali. Perfezione: uscire al mattino per recarsi al lavoro ascoltando la musica classica che si riversava nel vicolo e fermarsi a guardare e toccare le calle fresche nei chioschi. Roma è bella anche con la pioggia. Difficile che una città sia bella anche col brutto tempo. Perdermi nei negozi più particolari appena ho un minuto libero sta diventando un vizio. Soprattutto se questi sono impeccabili e geniali. Trovarli per caso, però, è solo fortuna. TAD in Via del Babuino è stato un caso fortuito. Soprattutto trovare al suo interno il ristorante: piatti dagli stessi colori e tendenze degli oggetti allestiti all’interno del punto vendita. Stesso mood espresso attraverso varie forme: coiffeur, ristorante, fiori, fashion, caffè, profumi… Un concept store all’ennesima potenza. Ho ordinato “calamari al vapore con salsa alla menta su letto di riso rosso thailandese” mangiando nel giardino esterno riscaldato. Come far godere una donna senza toccarla 2. Mercoledì sera sono atterrata a Lamezia Terme, Calabria, dopo un volo turbolento, per niente piacevole. Pioveva forte. Il vento non aveva facilitato l’atterraggio e non facilitava nemmeno la mia guida verso Siderno (RC), paese sullo Ionio, destinazione finale. Arrivare in tarda serata, col buio, ha sempre un certo fascino nonostante il disagio, perché è come vedere una nuova realtà al risveglio del mattino successivo. Le persone del Sud sono intrise di valori che, forse, al Nord nemmeno ricordiamo: l’ospitalità, il dovere di fare sentire l’ospite come a casa propria, il mangiare bene e tanto, difficilmente non insistono nel farti mangiare qualcosa che reputano doveroso assaggiare, la convivialità, il doppio bacio sulla guancia ogni volta che ci si saluta, la sincerità che porta alla fiducia. Eh si, perché le persone del Sud, di ottima memoria, ti mettono alla prova con domande sottili ed insistenti per valutare il tuo livello di credibilità: vietato contraddirsi e tradirsi nelle risposte. Le persone che meritano fiducia avranno il merito della loro amicizia e disponibilità. Ho lavorato 3 giorni sperando di meritarmi la fiducia delle persone con le quali ho collaborato. E la loro disponibilità ricevuta è stata impagabile. Un po’ come una volta, tanto tempo fa, in cui ci si fidava della parola data e del rispetto portato.
Sabato pomeriggio: si va a moroso, normalmente. Mi fermo a fare il pieno carburante nel mio distributore ormai di fiducia ed osservo le macchine intorno a me: coppiette che si preparano ai grandi magazzini e centri città. Lei con occhialoni enormi e scuri che scruta fuori dal finestrino spazientita, lui che scende per fare il pieno, scarpe da ginnastica e tracolla che va tanto di moda. La passeggiatina basso-spendente (visti i tempi che corrono) e lo struscio in un posticino affollato ma romantico. Anche se con una cara amica, è come se sabato pomeriggio fossi andata “a moroso”. Anzi, “a morosa”. La passo a prendere, l’abbraccio intenso per esprimere la voglia di vederci, i discorsi sciocchi ed intimi. La passeggiata in centro città, questa volta Mantova, e la panchina sui laghetti. Il bel tempo e la temperatura, finalmente, mite.
Entrare in un posto amato da entrambe, la libreria, snocciolare tutte le novità appena uscite, prenderci in giro per i gusti opposti in fatto di lettura e musica. Acquistare un libro di uno scrittore giapponese, l’ennesimo, e sentirmi dire “Alle hai dei gusti veramente strani, veh”. Chiederle se le piacciono i Queen e sentirsi dire “no”. Quasi una bestemmia. “Io sono cresciuta a pane e Freddy Mercury, vedi tu…”. “Ma vah, non mi piacciono”. Ogni libro comprato in una città diversa dalla mia è il ricordo del mio passaggio. Conservo lo scontrino di quel giorno dentro al libro stesso. Sarà il suo segnalibro.
Camminare a braccetto è diventato un mio messaggio di fiducia ed affetto. Mi piace camminare a braccetto in mezzo a tanta gente. Al braccio di persone care. E mentre a braccetto percorravamo i portici del centro, un’insegna…all’inizio di Via Oberdan: “Cioccolateria”. Uno scambio veloce di sguardi lussuriosi, il cambio di rotta, lo stupore di entrare in un paradiso dall’odore di cacao e dai colori del cioccolato in tutti i suoi gusti. Per un attimo l’esitazione della salutista tenace. Ma solo un attimo. Godere del gusto al palato più dolce e puro non conosce remore e sensi di colpa. “Per me una coppetta da 2 gusti: cioccolato e pistacchio del Bronte”. “Cioccolato fondente al 63% di cacao, al 72% o al 78%?” “Beh, al 78%”. Uscire dal microspopico negozietto di sogni. Assaporare il primo cucchiaino di gelato al cioccolato puro. E goderne. Come far provare un orgasmo ad una donna senza sforzo.