Quando dalle solite “frasi fatte” emesse dalle bocche di amici e, perfino, sconosciuti apprendi ciò che prima o poi ti accadrà realmente, rimarrai stupita dalla straordinarietà di ciò che ti circonda e di ciò che potresti e puoi vivere.
Forzare le cose ti insegna ad aspettarle, per avere quelle giuste.
Cercare invano ti insegna a saper ricevere quando sarà ciò che cerchi ad arrivare.
E la cosa più sorprendente di ognuno di noi è il poterci ascoltare, ascoltare ciò di cui avremmo bisogno.
Quando ce n’è bisogno, di quella cosa, qualunque sia, questa andrebbe fatta.
Sono un essere alquanto bisognoso. Ho bisogno di tante piccole cose, anche nell’arco di una semplice giornata: una colazione che mi soddisfi ed il poterla consumare con calma, il poter leggere il “mio” libro del momento per almeno 10 minuti seduta ovunque, non ho grandi pretese, il kiwi, il caffè macchiato dopo pranzo e così via. Ognuna di queste piccole cose mi procura un immenso piacere, immenso nel tempo in cui dura, il tempo stesso in cui sto compiendo quell’azione.
Ci sono bisogni che avrei (ho) quotidianamente ma non posso appagare. Allora questi si ribellano e dopo poco scoppiano, provocando in me una voglia irrefrenabile di soddisfarli.
I bisogni sono i nostri padroni, veniamo manovrati da questi. Spesso ci illudiamo di controllarli, sconfiggerli, ma noi stessi siamo sconfitti in partenza, perché soddisfare qualsiasi nostro bisogno ci rende esseri soddisfatti e felici. Vincere sui bisogni significa aver vinto su noi stessi, aver contribuito alla nostra sconfitta come esseri umani col diritto di godercela e non solo di “tenere duro” e “fare ciò che si deve fare”.
Spesso ho bisogno di dimenticarmi del domani e persino del “da dove vengo”. Parto, quasi sempre organizzo almeno “un letto”, ma più per abitudine alla comodità che per mantenere l’alone da “tutto sotto controllo”.
Questa volta sono partita per dimenticarmi “del dolore fisico” (leggesi mal di schiena e testa da stress) ed il viaggio, pur sempre importante, ha condotto ad una meta, però, ben più spettacolare e piacevole.
La tanto discussa spa, costosa, “da fighetti”, da vecchi… da “me”.
E sono riuscita a trascinarmi, senza corde e fruste, l’uomo tutto d’un pezzo che “queste cose” non le ha mai fatte. Lo stesso uomo che ha goduto più di me nel trascorrere ore in ammollo e contornato da nudità.
Eh si, perché Lago di Garda è sinonimo di ritrovo turistico per tedeschi e la spa che mi ha accolto per un week end era proprio su questo lago. E anche questa spa non poteva non ospitare gioiosi tedeschi, dalle usanze senza tabù e malizie.
La prima vergognosa performance che ci ha visto protagonisti, io e Michelone, si è svolta nella vasca idromassaggio. Michelone comincia a parlarmi in inglese sciolto, veloce, sul cosa fare e mangiare a cena credendo che una coppia di fianco a noi fosse tedesca od olandese. La coppia era molto silenziosa, non c’era molto dialogo tra di loro, forse una coppia d’altri tempi, che vive di sguardi e di “sfiori”. Oppure una coppia che si è già detta tutto, oppure una coppia molto fredda e distaccata. In realtà era una coppia di inglesi, che parlava inglese e che si è sorbita un teatrino divertente di due italiani che fingevano di essere “inglesi”. Forse… anche loro avranno parlato inglese perché ci credevano inglesi ma non lo erano veramente? Mmm, credo che abbiano parlato inglese perché inglesi ma ci hanno reputati comunque dei cretini.
Al primo posto nelle performance da vivere almeno una volta nella vita c’è il “bigolo moscio stropicciato” del tedesco anziano che ti si piazza davanti durante una seduta di rilassante bagno turco.
Decisi a vivere le nostre diverse passioni, io il bagno turco, Michelone la sauna, ci chiudiamo nei nostri sgabuzzini limitrofi a morire carbonizzati e sciolti, quando ad un certo punto si percepisce un po’ di fervore all’esterno. Dalla porta di vetro, resa opaca dal vapore e dai fumi balsamici, intravedo figure femminili nude. “Pfeuh, se entrano, sono la più soda” comincio a pensare. Entrano nella sauna dove vegetava solo Michelone:“bah, non sono gelosa, sono vecchie”. Un lampo, anzi, saetta: “cazzo, a Michelone piacciono le tardone”. Mi distraggo un attimo ed allungo il collo per accertarmi della piega che comincia ad assumere la situazione.
La porta si apre proprio mentre mi sporgo, entra un pisellino non più giovane, penzolante, che chiede pietà per la troppa calura e che pian piano si avvicina. Qualcuno mi saluta “Hello”, “Hello” rispondo io non capendo ancora se il saluto provenisse dalla bocca del signore o dal suo sofferente pistolino che mi chiedeva aiuto. Si siede di fronte a me il pistolino e mi guarda; il signore mi dice in tedesco di accertarmi se aveva chiuso bene la porta. Mi alzo ed in pochi secondi decido di chiudere bene la porta e di rimanere. Perché mai dovrei uscire! Mi risiedo, il pistolino continua a fissarmi. Decido di rilassarmi per bene, chiudere gli occhi e basta, semplicemente. Ma mi sento lo sguardo del pistolino ancora addosso, che mi dice “vattene se rimani vestita o resta ma spogliati”.
Intravedo Michelone uscire dalla sauna…pochi secondo e scappo, “Hello”. “Hello” mi risponde, ma non so anche stavolta se il signore o il pistolino.
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