Il senso dell’umorismo di una cara amica mi aveva solleticato l’anima già domenica a pranzo tramite sms: “domani finisce la pacchia, baci”.
Avevo pianificato tutto nei dettagli: tornare al lavoro in ufficio dopo un mese di malattia nel modo più indolore possibile… un giorno e poi riposo, poi ricominciare. Lunedì 31 ottobre era perfetto. Il giorno dopo sarei stata ancora “off”.
Un mese di malattia che mi ha rinnovato lo spirito, non devastato troppo il fisico. Difficile da dimenticare... e da accettare.
Decido di partire da casa in anticipo, percorrermi quel tratto di strada con calma, non facendo ruggire troppo il mio nuovo motore. La nuova colazione “al the” mi ricorda, una volta in auto, che il caffè mi serviva anche “da sveglia”. Pazienza.
Arrivo davanti all’azienda alle 8.24. Ripesco il badge nella borsa, cerco di ricordare da che lato devo scorrerlo sotto al lettore della porta automatica per farla aprire… rifletto da che parte diversa devo passarlo sotto al lettore magnetico delle timbrature-presente.
Mi incammino verso il mio ufficio. Poche superstiti. “Buongiorno a tutti”, non fingendo nemmeno il sorriso. “Ma ciao, vieni qui e fatti vedere… Ma sei in forma!!!”. Se fossi stata cadavere me ne sarei rimasta sul divano che ormai aveva assunto le mie forme a meraviglia.
Arrivo alla mia scrivania, appoggio la mia borsa nello stesso posto, tiro fuori gli occhiali da vista, la mia agenda, il blackberry, posiziono il mio portatile… e TRAGEDIA: noto il portapenne e le pile di appunti, fascicoli, riviste millimetricamente spostate. “Qualcuno ha lavorato alla mia scrivania?”. “No no, figurati…”. Eh sì, mi FIGURO che l’abbiate fatto, ficcando quelle luride manine laccate di rosso ultimo trend e tempestate di bijoux nelle “mie sudate carte”.
Arriva il fenomeno, detto Direttore, che pensa bene di irradiarmi un po’ della sua luce propria… altruista, ricordandosi che da un mese non mi inonda della sue autocelebrazioni. Andiamo a prendere questo caffè, sì, va bene, anche se io non bevo più caffè.
I 30 minuti che ci sono voluti per ricordami che “non esistono più previsioni e proiezioni di mercato e vendite che tengano” io li avrei dedicati alla tisana al cardo mariano ed alla ricerca di una nuova ricetta più vegetariana possibile per il pranzo… solo pochi giorni prima. Quando tento di dire la mia, non mi ascolta, anzi… inizia a riflettere su ciò che mi dovrà dire appena chiuderò il becco. Mi tengo la mia per me, probabilmente aveva voglia di qualcuno che gli stesse accanto per ascoltarsi e non dare nell’occhio parlando da solo.
Ritorno alla scrivania, sono già le 9.15. Inizia la processione delle finte interessate al tuo stato di salute che in realtà vorrebbero che tu sgravassi loro da quelle cose che da un mese sono rimaste lì da fare sulla loro scrivania. “Come stai? Sei bellissima”. “Non mi devi corteggiare per avere una mano….”.
E’ la volta della nuova stagista, pura e libera come una puledra che corre nei prati, con una mise da “Beverly Hills 90210” (l’ombelico scoperto è un look troppo azzardato…le farò notare). “Ciao, tutto bene? Volevo chiederti alcune cose che non ho capito Alessia.” L’ufficio, che ha orecchie ovunque, si ferma. Silenzio. “Lavori qui da due mesi e non sai come mi chiamo?” “Ehm, Alle?!?”. “Alessandra. Per questa volta ho 5 minuti di tempo” fingendo di aver fatto una battuta ma capendo che sulla puledra c’è ancora molto lavoro da fare.
Stranamente un’azienda di donne ha, da poco, uno stagista anche maschio (perché “uomo” sarebbe una definizione troppo azzardata). Il malcapitato dovrebbe prendere le mie telefonate durante alcune riunioni della mattinata. Prima di pranzo, silenzioso e titubante, si avvicina alla mia scrivania. “Ehm, ho segnato tutte le persone che ti hanno chiamato. Solo che non sapevo se eri tornata ed ho detto che non c’eri”. “Ma se mi hai visto e parlato, come facevo a non esserci?” “Eh Annalisa, pensavo non volessi essere disturbata tutto il giorno ed ho detto che non c’eri.” “Oggi dovrò per forza essere qualcun altro. Ripeto che mi chiamo Alessandra” fingendo ancora una volta di avere fatto una battuta.
Sconsolata getto uno sguardo in ricerca di sostegno alla mia collega se non amica di sventure seduta poco più in là. La Bacci accetta l’invito. E’ ora di pranzo, volevo comunicarle con uno sguardo che solamente la sua compagnia mi avrebbe allietato il pasto.
Però, dannazione, mi parli anche tu Bacci solo di lavoro durante l’ora ed un quarto di pausa?!? “Perché Alle mi sento senza obiettivi, senza autonomia…” “Ed io mi sentivo così bene a casa…”. Parliamo di come si stia bene nel mondo e nello stile di vita che si sceglie e ci si crea, non di proiezioni per la nuova campagna vendite, “perdddio”!!!
Durante il pomeriggio, una calamita, che ancora non ho localizzato, attira a me le telefonate dei clienti più “rompicoglioni” con cui abbia mai avuto a che fare.
Alle 16.30 decido di mangiare una mela in sala ristoro. Al tavolo con alcune compagne di ufficio, oggi l’argomento è la lingerie sexy. Mi invitano ad una seduta di shopping venerdì sera dopo il lavoro per acquistare intimo sexy. A 30 anni io ed ai 40 vostri, vogliamo tornare a fare quello che facevamo a 18 anni?!? No grazie, vorrei evolvere e provare cose nuove ad ogni età.
Come concludere una giornata che di piacevole non ha avuto altro se non il pollo alla salsa messicana a pranzo? Con l’arrivo di 2 multe da pagare. E la dissenteria per la salsa messicana un po’ troppo piccante.